Quadri porta a Berna i privilegi del Lussemburgo, che non paga i ristorni dei frontalieri
Il Lussemburgo è arrivato a Berna. O meglio, il trattamento di favore di cui gode il Lussemburgo.
Il Granducato, per i frontalieri che lavorano sul proprio territorio, non paga ristorni. Né alla Francia, e neppure alla Germania. Si limita a concedere qualche spicciolo al Belgio. In Svizzera, come ben sappiamo, la situazione è ben diversa. Soprattutto in Ticino. A portare (come annunciato) sotto le cupole federali i privilegi del Lussemburgo, il deputato leghista Lorenzo Quadri con un recente atto parlamentare.
Come si spiega il trattamento di favore di cui gode il Lussemburgo?
Sarebbe bello averla, una spiegazione… Il Lussemburgo è membro fondatore dell’UE; eppure per i frontalieri che lavorano sul suo territorio non versa ristorni. Le proteste dei vicini, in particolare delle zone di frontiera francese, vengono ignorate. Senza contare che il Granducato rimane un paradiso fiscale. Il Lussemburgo non corrisponde ristorni in quanto applica alla lettera la direttiva OCSE in base alla quale il reddito viene tassato nello Stato in cui viene conseguito. La Svizzera invece paga, in particolare all’Italia, ristorni elevatissimi (38.8% delle imposte alla fonte dei frontalieri). La maggioranza PLR-PPD-PSS del Consiglio di Stato ogni fine giugno effettua il versamento, che ormai ha raggiunto quota 84 milioni di Fr. Questo malgrado il Belpaese nei nostri confronti sia inadempiente su tutto, non si sogni di ratificare il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri e addirittura mantenga la Svizzera iscritta sulle sue liste nere illegali.
Sì, ma com’è possibile che il Lussemburgo non paghi ristorni, mentre la Svizzera, ed il Ticino in particolare, ne versi di elevatissimi?
E’ quello che mi piacerebbe sapere. Attendo con curiosità le arrampicate sui vetri con cui il Consiglio federale tenterà di giustificare l’ingiustificabile. A pensar male, si potrebbe immaginare che giochi un ruolo il fatto che l’attuale presidente della commissione UE Juncker sia stato per quasi due decenni, prima di trasferirsi a Bruxelles, premier del Lussemburgo. Anche lasciando da parte le congetture, un dato di fatto è a questo punto innegabile: i politici lussemburghesi hanno saputo difendere gli interessi del proprio paese molto meglio di quelli svizzeri, pavidi ed arrendevoli. Il caso del piccolo Granducato è importante anche al di là del tema contingente dei ristorni.
In che senso?
Nel senso che sbugiarda senza appello la tesi, da anni reiterata come un mantra dal Consiglio federale, dalla partitocrazia PLR-PPD-PSS e dalla stampa di regime, che davanti ad ogni pretesa dell’UE dobbiamo capitolare. Questo perché siamo piccoli. E quindi dobbiamo accettare tutte le porcate in arrivo da Bruxelles. Il Lussemburgo è poco più grande del Canton Ticino, eppure riesce a farsi valere. Il caso del Granducato è significativo. Fa apparire tutta l’incapacità di una maggioranza politica che continua a cedere e a svendere la Svizzera. Eppure fare diversamente sarebbe possibile. Il Granducato lo dimostra.
Cosa si aspetta da questa vicenda?
Mi aspetto che il Consiglio di Stato ne tragga le dovute conclusioni. Il mese prossimo, come ogni anno, dovrà decidere il versamento dei ristorni al Belpaese. Si parla di 84 milioni di Fr, non di noccioline. Oltre a tutti gli argomenti già noti a favore del blocco dei ristorni, che non sto a ripetere, ecco che arriva quest’altro elemento: il Lussemburgo non paga nulla, mentre il Ticino, per colpa della Confederazione, versa cifre spropositate, e questo da oltre quattro decenni. Davanti a tale evidenza, non capirei come la maggioranza PLR-PPD-PSS in Consiglio di Stato potrebbe ancora pagare i ristorni – servilismo nei confronti dei rispettivi partiti nazionali? – e contemporaneamente mettere fuori la faccia davanti ai ticinesi. Bloccare il pagamento dei ristorni è oltretutto l’unico sistema per ottenere finalmente la rinegoziazione della vetusta convezione del 1974.
E’ vero che il Lussemburgo avrebbe già ottenuto delle deroghe sulla (futura) regola UE secondo la quale a dover pagare la disoccupazione ai frontalieri sarà il paese in cui hanno lavorato, e non più quello di residenza?
Sembra di sì, ed è evidente che al proposito mi attendo delle spiegazioni chiare dal Consiglio federale, perché la situazione è scandalosa. Il nuovo regime UE danneggerebbe pesantemente il Ticino. Mentre in Lussemburgo i politici difendono i propri interessi e a quanto pare ottengono deroghe, a Berna si preoccupano solo di far digerire ai cittadini l’ennesima calata di braghe. Invece di opporsi alla nuova regola, si preparano già ad applicarla, per non dispiacere ai padroni di Bruxelles. E questo malgrado non ci sia alcun obbligo, da parte nostra, di recepire il (probabile) nuovo Diktat sulla disoccupazione dei frontalieri. Proprio come non c’era alcun obbligo di versare la marchetta da 1.3 miliardi all’UE.
MDD