Tra dipartimenti colonizzati, funzionari stranieri e partitocrazia che sbrocca

 

La vicenda dei permessi B comprati scuote l’amministrazione cantonale ed il Dipartimento delle istituzioni. Naturalmente c’è chi, con buona dose di ipocrisia, ne approfitta per puntare goduriosamente il dito contro il direttore del Dipartimento, l’odiato leghista Norman Gobbi. In questo “sport” primeggiano gli uregiatti, cosa molto comprensibile: tentano di scaricarsi delle proprie responsabilità. Vediamo quindi di mettere nero su bianco 10 punti.

  • I funzionari arrestati sono stati assunti quando alla testa del Dipartimento delle Istituzioni c’era il PPD Gigio Pedrazzini.
  • Per decenni il Dipartimento delle istituzioni è stato feudo del PPD. Dirigenti PPD, quadri intermedi PPD e via andando. Il rapporto commissionato dallo stesso partito al politologo Oscar Mazzoleni sul declino elettorale degli azzurri parla chiaro: “il partito non è più in grado di promettere posti di lavoro in cambio di voti”. Finché “è stato in grado”, però… l’ha fatto! Ed i risultati si vedono.
  • Come giustamente detto anche da Norman Gobbi, è stato un errore assumere uno straniero (calabrese) all’Ufficio permessi. Si tratta di un settore delicato. Stiamo parlando di immigrazione! L’ufficio in questione evade le richieste di stranieri che vogliono entrare nel nostro paese. Forse che in altre nazioni i funzionari che esaminano tali pratiche sono stranieri? Non risulta affatto. Certamente non lo sono nel Belpaese da cui proviene il funzionario (presunto) corrotto di origine italiana. Le aperture, come sempre, sono a senso unico! E poi i razzisti sarebbero i ticinesotti…
  • E’ dunque indispensabile applicare il principio del “prima i nostri”, votato dal popolo, nell’amministrazione pubblica, a maggior ragione negli ambiti più delicati. Dove per “nostri” si intende cittadini svizzeri e meglio ancora se svizzeri di nascita. Il radicamento nel territorio non sarà garanzia di santità, perché i disonesti ci sono anche tra i “patrizi”, ma è un valore aggiunto. Poi se questo è razzismo e xenofobia, ci prendiamo volentieri dei razzisti e degli xenofobi.
  • Visto che il funzionario straniero era già in organico al momento dell’arrivo del nuovo capodipartimento, qualcuno si immagina seriamente che Gobbi avrebbe potuto lasciarlo a casa senza prove concrete di una qualsiasi violazione di servizio, solo in quanto italiano? E’ penoso che l’ex partitone spalancatore di frontiere, quello che NON VUOLE la preferenza indigena, se ne esca con questo grottesco rimprovero, solo per attaccare l’odiato leghista.
  • La punizione dei funzionari colpevoli deve essere esemplare. L’immagine della pubblica amministrazione è compromessa. La fiducia dei cittadini tradita. Gli stessi funzionari onesti, ossia la stragrande maggioranza, chiedono di non venire associati alle mele marce, che vanno epurate tutte senza tanti garantismi.
  • La sorveglianza all’interno dell’amministrazione si potrà migliorare, ma il controllo perfetto non esiste. Nemmeno se si mettesse un controllore per ogni funzionario (e poi magari anche un controllore per controllare il controllore?). La responsabilità e l’onestà individuale del singolo collaboratore continueranno a giocare un ruolo. L’assunzione di persone degne di fiducia e radicate nel territorio è quindi il passo più importante. Perché una volta che il dipendente pubblico ha ottenuto la sua scrivania, prima di rimuoverlo…
  • Davanti alla sacrosanta dichiarazione di Gobbi: “E’ stato un errore assumere uno straniero”, la stampa della fascia di confine si è subito messa a strillare al Ticino “anti-italiano”. Taluni politicanti e funzionarietti hanno seguito a ruota. Ancora una volta gli scriba d’oltreramina travisano, pensando così di aumentare il numero di lettori. Se il funzionario corrotto invece che italiano fosse stato francese, tedesco o delle isole Far Oer, il discorso non sarebbe cambiato di una virgola. Il punto è che bisognava assumere uno svizzero, meglio ancora se nato tale.
  • I giornali delle italiche province a noi contigue, dove in tanti – frontalieri, padroncini e le loro famiglie – hanno la pagnotta sul tavolo solo grazie al Ticino, dovrebbero essere molto più cauti parlando di noi. Idem dicasi per politicanti e funzionarietti. Perché spalare palta sul nostro Cantone ed accusare i suoi abitanti di razzismo potrebbe rivelarsi un pericoloso boomerang. Il messaggio dovrebbe essere sufficientemente chiaro anche senza accompagnarlo con un disegno.
  • Per la serie, “un bel tacer non fu mai scritto”: sempre a proposito delle dichiarazioni del direttore del DI sulle assunzioni nella pubblica amministrazione, il presidente del PS (Partito degli Stranieri) Igor Righini ha pensato bene di mettersi a pontificare sulle “responsabilità politiche” di Gobbi. E come la mettiamo, invece, con le “responsabilità politiche” di chi ha tra i propri parlamentari un’indagata per favoreggiamento all’entrata illegale (Bosia Mirra)? E le “responsabilità politiche” di quei kompagni che, in barba al voto popolare su Prima i nostri, assumono stranieri (neo-permessi B!) perfino al centro di dialettologia?

Lorenzo Quadri