Annuncio odioso: “Voglio solo frontalieri perché lavorano con impegno”. E i ro$$i…
Un paio di settimane fa nel Canton San Gallo un’azienda attiva nel ramo dei trasporti ha pubblicato un annuncio per la ricerca di un autista di camion. L’inserzione spiegava che il candidato deve essere cittadino svizzero e mangiare carne di maiale (vedi il Mattino dello scorso 21 aprile).
La richiesta di mangiare carne di maiale veniva spiegata in questo modo: “Siamo una ditta a conduzione familiare; i buoni rapporti e la convivialità tra collaboratori sono fondamentali. E a fine giornata ci piace ritrovarci e gustare assieme un po’ di carne di maiale o un cervelat”.
Il “caso”
Inutile dire che i $inistrati del P$ (Partito degli Stranieri) sono immediatamente insorti facendone un “caso” e strillando al razzismo. Per costoro, infatti, non è accettabile che in Svizzera un’azienda privata scelga di assumere cittadini elvetici che seguano i locali usi e costumi, e quindi che mangino cervelat. Chiaro: per la gauche-caviar, la precedenza sul mercato del lavoro va data a migranti in arrivo da “altre culture”. Prima gli altri!
Il bello è che a pretendere di impedire ad una società elvetica di assumere dipendenti svizzeri in Svizzera è tale kompagno Bujar Zenuni (non patrizio di Corticiasca) presidente del progetto “P$ migranti” del Canton San Gallo. Che livello!
La cosa preoccupante
Ecco, questi sono i $inistrati del P$ che poi si riempiono la bocca con la tutela del lavoro, e contemporaneamente però smaniano per lo sconcio accordo quadro istituzionale con la fallita UE, che porterà all’azzeramento delle misure accompagnatorie. Perché loro, i kompagni, vogliono l’adesione della Svizzera all’UE.
Tanto per mettere la ciliegina sulla torta, anche l’inutile Kommissione federale contro il razzismo, presieduta da un’ex politicante radikalchic, ha pensato bene di fare il proprio stucchevole verso blaterando di “annuncio preoccupante”. Uhhh, che pagüüüraaa! Qui l’unica cosa preoccupante è che esista una commissione federale, finanziata dal solito sfigato contribuente, il cui unico scopo è far credere che in Svizzera ci sia un problema di razzismo. E che tace omertosa sul razzismo d’importazione. Come se non fosse totalmente ridicolo sostenere che la Svizzera sia un paese razzista, quando il 25% della popolazione è straniera. Senza contare i beneficiari di naturalizzazioni facili, che sono all’incirca 50mila all’anno, e che, come tali, spariscono dalle statistiche degli stranieri.
Testo inequivocabile
Ora, accade che nei giorni scorsi sul portale tutti.ch è apparso l’annuncio che vedete qui riprodotto. Il testo è inequivocabile:
“Cerco signora/signorina, rigorosamente frontaliera perché lavorano meglio e con impegno, per imballo oggetti in una casa da 120 mq pre-trasloco (…). Astenersi perditempo, curiosi e ticinesi”.
Questa inserzione, oltre che discriminatoria, è offensiva nei confronti dei ticinesi, che vengono assimilati ai perditempo. Di conseguenza, se ne avremo voglia, nei prossimi giorni procederemo a segnalarla al Ministero pubblico per violazione dell’articolo 261 bis del codice penale. Ovvero quell’articolo che tanto piace a radikalchic e $inistrati multikulti e spalancatori di frontiere, i quali pensano di servirsene a sproposito per zittire e criminalizzare le posizioni politiche diverse dalle loro (altro che “tolleranza”, altro che “libertà d’espressione”!).
Citus mutus
Naturalmente, però, lo sconcio annuncio – che dopo qualche ora, chissà come mai, è stato rimosso – non ha suscitato alcuna reazione dalla gauche-caviar con la morale a senso unico. Silenzio sepolcrale. Citus mutus. Neanche un cip.
Chiaro: per costoro, che i ticinesi vengano discriminati in casa propria, è cosa buona e giusta. Muta come una tomba, e per lo stesso motivo, l’inutile e faziosa commissione contro il razzismo. Ennesima dimostrazione che questa commissione starnazza solo quando è politicamente conveniente per gli spalancatori di frontiere. Pertanto va abolita subito.
Quanto a chi ha avuto la bella idea di redigere e far pubblicare un annuncio del genere, può solo vergognarsi.
Lorenzo Quadri