Finalmente, si fa per dire, cominciano a cadere un po’ di maschere. Il Consigliere nazionale bernese e vicepresidente del Partito borghese democratico PBD Lorenz Hess ha dichiarato in un’intervista alla SonntagsZeitung che la Svizzera dovrebbe prendere l’iniziativa in materia di scambio automatico d’informazioni fiscali. Da notare che il PBD è il partitucolo della ministra del 5%, Eveline Widmer Schlumpf, titolare di un dipartimento sensibile come quello delle Finanze. Ciò malgrado il PBD non abbia, di fatto, alcun diritto di disporre di un Consigliere federale.

PBD come il P$$
Ecco dunque che trova conferma quanto ripetuto da mesi da queste colonne e che peraltro chiunque può constatare. Ossia che la ministra del 5%, pur spacciandosi per “borghese” (la qualifica se la sono messi pure nel nome del partito) in materia in materia di piazza finanziaria fa, invece, una politica di $inistra. E la $inistra vuole, come noto, lo scambio automatico d’informazioni.
Adesso il partito della ministra delle Finanze chiarisce, per bocca del suo vicepresidente, quale sia la sua posizione sul segreto bancario. Si chiede lo scambio automatico d’informazioni. Ruolo proattivo, come direbbero i kompagni. Ovvero, la Svizzera non deve nemmeno aspettare che arrivino le pretese UE per genuflettersi. Nossignori: lo fa in anticipo. Si calano le braghe a titolo preventivo. Perché? Ma per non “farsi mettere sotto pressione” (sono ancora le parole del vicepresidente PBD).
Con un simile atteggiamento non c’è dubbio che non solo la piazza finanziaria svizzera, le sue centinaia di migliaia di posti di lavoro nonché gli introiti fiscali da essa derivanti sono ormai persi ma anche la nostra sovranità, la nostra democrazia diretta, la nostra neutralità, e via elencando. In altre parole, tutte quelle specificità elvetiche che fanno venire il mal di pancia all’UE perché rendono il nostro Paese non  del tutto eurocompatibile.

E la maggioranza politica?
Che la difesa (?) della piazza finanziaria elvetica dalle bordate di Paesi che, giunti ormai alla frutta, ci hanno dichiarato guerra economica vedendo nella nostra piazza finanziaria un ricco boccone, sia affidata all’esponente di un partito che vuole lo scambio automatico di informazioni, è semplicemente un’indecenza. Ed è l’ulteriore dimostrazione che il dossier, delicato oltre che gravido di conseguenze, deve venire tolto alla ministra del 5%. Come mai questo non accade? In questo paese dovrebbe ancora esserci una maggioranza favorevole al mantenimento del segreto bancario?
Del resto, mentre la Svizzera è costantemente sotto attacco – perché ha risanato le casse pubbliche e quindi i nostri “amici” europei sanno che c’è da prendere, e perché non si sa difendere – altri paesi UE si tengono ben strette le proprie prerogative in materia di confidenzialità dei dati bancari. Anche negli USA, dal momento che il principale paradiso fiscale del mondo è lo Stato americano del Delaware (a cui però nessuno osa dire niente). A seguito dei repentini ed incondizionati cedimenti dell’autorità federale, la Svizzera è scivolata, nel giro di poco tempo, nel girone delle piazze finanziarie scarsamente competitive.
Malgrado questo, gli attacchi ai danni del nostro Paese continuano, e i cedimenti pure. Perfino la principale banca elvetica abdica dalla difesa del diritto alla privacy dei clienti, esortandoli ad inoltrare dichiarazioni complete dei propri averi (?) all’autorità fiscale. Si parte dunque dal principio che il titolare di un conto in banca, svizzero o straniero che sia, sia un evasore fiscale. Mala tempora currunt, dicevano i romani.  
Lorenzo Quadri