L’ultimo scandalo che ha travolto Berset (P$) conferma quanto il Mattino scrive da tempo

Il nuovo, ennesimo scandalo che vede protagonista il kompagno Alain Berset (P$) è la conferma di quanto il Mattino scrive già da molto tempo: ossia che tra stampa di regime e politicanti, ed in particolare politicanti di $inistra, esiste un inciucio permanente. Con scambio di favori annesso. Perché con i politicanti di $inistra? Perché la maggioranza dei giornalai, e non solo all’interno del “caso perso” $$R, si riconosce in tale area politica.

Poi però, nei suoi tentativi reiterati di mungere sussidi pubblici, la stampa di regime si sciacqua la bocca con l’indipendenza e la pluralità. Come no.

Il sostegno non è gratis

Già prima della votazione sugli ulteriori sussidi ai media, giustamente asfaltati dai cittadini nel febbraio dello scorso anno, era emerso che il CEO di Ringier aveva impartito gli ordini di scuderia alle proprie redazioni: il governicchio federale – ovvero il kompagno Berset – andava sostenuto nelle sue cappellate sul covid. Padrone comanda, cavallo trotta. Altro che “quotidiani indipendenti”, altro che “cani da guardia del potere”!

Naturalmente questo tipo di sostegno non è gratis. Non basta ripagarlo con la disponibilità a rilasciare interviste. Occorre fornire degli “sgub” (scoop). E gli “sgub” sono proprio le fughe di notizie; la trasmissione sottobanco di informazioni riservate. Oltre all’interesse aziendale del media c’è poi l’aspetto personale. In Ticino come a Berna è prassi corrente l’utilizzo di posti pubblici quale premio fedeltà per gazzettieri compiacenti. I consiglieri federali – ultimo caso, in ordine di tempo, la kompagna Baume Schneidèèèr – si stipano gli staff (finanziati dai contribuenti) di giornalai amici. Gli esempi non mancano nemmeno in Ticino. Vedi il caso dell’ex direttore del giornale di servizio del partito delle tasse assunto dal municipio di Bellinzona a maggioranza radiko$ocialista. Come diceva qualcuno, bisogna saper abbandonare il giornalismo al momento giusto. Magari in cambio di un posto statale sicuro e ben remunerato.

Davanti al Procuratore

Peter Marti, Procuratore pubblico straordinario che indaga sulle fughe di notizie dal Dipartimento dell’interno, ha interrogato, per ore, non solo l’ex capo della comunicazione di Berset, ma anche Berset medesimo. Ohibò: quando, a seguito della nota demolizione di un annesso fatiscente dell’ex Macello, i municipali di Lugano vennero convocati dal ministero pubblico, la stampa mainstream – Pravda di Comano in prims – strillò allo scandalo. Adesso davanti al Ministero pubblico ci è dovuto andare il presidente di turno della Confederella: questo sì che è un fatto inaudito! Però a $inistra tutto tace. Forse perché Berset è $ocialista? Dove sono i grandi moralisti ro$$overdi sempre pronti a pretendere le dimissioni degli altri, ma quando si tratta dei “loro”… citus mutus?

Era meglio tacere

Fa ridere i polli l’autodifesa del Blick, il quale si crede nella condizione di impartire lezioni di etica giornalistica titolando a caratteri cubitali che “nessuno lo influenza”. E il popolazzo dovrebbe crederci? Un bel tacer…

E’ poi ben poco plausibile che l’intrallazzo non fosse noto allo stesso Berset. E del resto, per quale motivo il suo capo della comunicazione dovrebbe mettere in piedi un sistema del genere senza l’approvazione del Consigliere federale, col risultato di andarci di mezzo da solo?

Scenografia

E’ quantomeno ironico (eufemismo) che il kompagno Berset finisca nelle pettole non già per le cappellate commesse ed avallate durante la pandemia, non già per aver blindato in casa gli svizzeri impedendo alla gente di lavorare, ma per una questione di fughe di notizie.

L’accaduto è poi la dimostrazione di quanto la politichetta, anche a livello federale, sia ormai sempre più ridotta a scenografia. Il minimo che il cittadino ha il diritto di attendersi da un ministro è che faccia quello che ritiene meglio per il Paese; non per la propria immagine. Un Consigliere federale degno di tale carica non dovrebbe nemmeno leggere gli articoli di giornale che lo riguardano. Invece adesso le “recensioni positive” sono diventate una priorità. Pori nümm.

Il risultato sono poi prossimità ed inciuci tra media (appunto) di regime e politicanti. Al punto che i galoppini (collaboratori personali o di staff) di questi ultimi vengono scelti proprio tra quelli che dovrebbero essere i cani da guardia. Quando si dice il paradosso…

E la partitocrazia addirittura pretende di foraggiare questo sistema incestuoso con un quantitativo ancora maggiore di denaro pubblico?

Lorenzo Quadri