Piazza finanziaria: avanti così, continuiamo a farci male da soli!

Se a dare segnali alla capitan Schettino è un’ex regia federale, di proprietà al 100% della Confederazione, cosa dovrebbero fare gli altri?

Svendere senza contropartita il segreto bancario non bastava. Ma come, il segreto bancario non era “non negoziabile”? Ma come, con gli accordi di Schengen non si era garantito anche il futuro del segreto bancario? Eh già: pochi se lo ricordano, ma gli scellerati spalancatori di frontiere, nell’anno di disgrazia 2005, per sdoganare gli accordi di Schengen, raccontarono pure la panzana che essi costituivano una garanzia per il segreto bancario (sic!) oltre a portare “evidenti vantaggi” (doppio sic!) sul fronte della sicurezza. Come no! Ed infatti l’allora ministro degli esteri, l’evanescente Consigliere federale uregiatto Joseph Deiss (qualcuno se lo ricorda ancora?), ebbe a dichiarare, il giorno dopo l’approvazione dell’adesione allo spazio Schengen in votazione popolare (il Ticino, però, disse njet): “abbiamo ancorato il segreto bancario nel diritto dei popoli: è fantastico”.

Gli accordi di Schengen si sono ben presto dimostrati un flagello per la sicurezza – altro che “evidenti vantaggi” -, una catastrofe per le finanze pubbliche (costano 100 milioni all’anno, 14 volte di più della cifra indicata prima della votazione), e, quanto a garantire il segreto bancario, abbiamo visto come è andata a finire.

Modalità terroristiche

Non bastava, si diceva, svendere senza contropartita il segreto bancario.

Non bastava nemmeno svendere i dipendenti della piazza finanziaria – cittadini svizzeri che svolgevano il loro lavoro secondo la legge elvetica e le disposizioni delle banche – trasmettendone i nominativi alle autorità inquirenti USA. Questo modo d’agire si chiama tradimento, ha dei responsabili, ed in cima alla lista dei responsabili figura la ministra del 5% Widmer Schlumpf.

Non bastava nemmeno imporre al paese il Diktat Fatca sulla trasmissione agli yankees dei dati bancari delle “US persons” (definizione nebulosa che va ben al di là di quella di cittadino americano) e dei loro consulenti elvetici. Imposizione effettuata con le solite modalità terroristiche, raccontando la storiella che praticamente tutti i paesi avevano accettato il Diktat: se la Svizzera avesse detto No si sarebbe esposta a chissà quali tremende vendette da parte di Washington, la minore delle quali sarebbe stata la guerra termonucleare globale. Ancora una volta una montagna di balle!

Fatca nel mirino negli USA

Gli accordi Fatca sono infatti così granitici che da mesi sono nel mirino negli stessi USA. Il partito repubblicano li contesta per triplice violazione della Costituzione americana. Cause giudiziarie sono già pendenti. Inoltre il Diktat Fatca l’avranno accettato anche tanti Paesi, ma pochissimi sono invece stati così pistola da accettarne il “modello due”. Questo modello prevede che le informazioni vengano inviate dalle banche direttamente al fisco USA. In base al modello uno, invece, la trasmissione va fatta dalle banche all’autorità fiscale del proprio paese che a sua volta trasmette le informazioni ai “colleghi” americani. Inutile dire che tra i pochissimi “Stati pistola” figura la Svizzera che come al solito ha scelto, senza che ce ne fosse alcun motivo, la pista più svantaggiosa per sé. Perché svantaggiosa? Perché il modello uno è un accordo tra governi e prevede la reciprocità. Se gli USA modificano o aboliscono il Fatca, l’accordo viene a cadere. Ciò che non accade nel modello due. Sicché gli svizzerotti, fessi oltre ogni dire, si troverebbero a trasmettere dati di clienti e di dipendenti delle banche svizzere agli USA anche se il Fatca dovesse venire abolito proprio negli States!

La decisione assurda

Ma l’autolesionismo continua e l’ultimo esempio assurdo lo fornisce Postfinance, che ha deciso di abolire le carte di credito per i clienti residenti all’estero; svizzeri compresi. Stiamo parlando di una società al 100% di proprietà della Confederazione, che penalizza i cittadini svizzeri (espatriati). Per quale motivo? Così! Si potrebbe dire per semplice paura. Quella stessa paura che spinge vari istituti bancari a mollare la piazza rossocrociata. Del resto, Visto che il Consiglio federale è campione planetario nella calata di braghe, e gode addirittura nel nuocere alla piazza finanziaria elvetica ancora più del necessario pensando di compiacere non si sa quale padrone, che garanzie ci sono che quel che è legale oggi domani sarà un reato, e magari pure sanzionato retroattivamente?

Schettìni gialli?

Che nei panni di capitan Schettino ci si metta proprio Postfinance, sottolineiamo di proprietà della Confederazione, che toglie le carte di credito ai cittadini svizzeri residenti all’estero, è la dimostrazione che si è persa la bussola. Per almeno tre motivi.

1) E’ politicamente aberrante che a chiudere le porte, per paura, ai clienti svizzeri sia un’azienda interamente di proprietà dei cittadini svizzeri e con cui essi si identificano (ex regia federale).

2) La scelta di scaricare i clienti svizzeri residenti all’estero contraddice in modo plateale tutte le storielle rassicuranti sulla piazza finanziaria elvetica che rimarrà attrattiva per i clienti all’estero con prestazioni di qualità eccetera. La politica dello sfascio provocata dalla ministra del 5% Widmer Schlumpf, che speriamo nel giro di pochi mesi rimanga A CASA, fa sì che i clienti dall’estero, svizzeri compresi, vengano trattati da appestati e dunque scaricati. Quindi ci si auto-preclude una fette di mercato. Conseguenza logica: licenziamenti!

3) Come si può pretendere che gli altri istituti di credito continuino a puntare sulla piazza finanziaria svizzera se la prima a tirare i remi in barca è proprio la Posta? Un’azienda controllata al 100% dalla Confederazione dà il segnale del “si salvi chi può”? Siamo proprio messi bene!

Lorenzo Quadri