In Ticino 35mila persone vivono sotto la soglia della povertà. Il dato, pubblicato nei giorni scorsi dall’Ufficio federale di statistica, non è certo rallegrante. Il problema, ovviamente, è in prima linea il lavoro: non ce n’è per tutti.

Non è una sorpresa apprendere che ad essere  particolarmente toccate sono le economie domestiche senza figli. La presenza di situazioni di bisogno tra le persone sole emergeva anche dallo “studio sulla povertà” realizzato dalla Città di Lugano nel 2009 e pubblicato ad inizio 2010; uno studio che verrà aggiornato nei prossimi mesi.

Da quell’indagine emergeva che circa il 60% dei bisognosi era composto da persone sole, mentre un altro 20% da nuclei di due persone. In altre parole: l’80% dei poveri residenti a Lugano era (è) costituito da economie domestiche composte da una o due persone.

Sul fronte della povertà la situazione in questi due anni non è certamente migliorata. I dati attuali, e non solo quelli cantonali citati in entrata, non danno motivo di ottimismo.

A Lugano i casi aperti di assistenza sono ormai un migliaio; nel 2010 erano 200 di meno, dal momento che navigavano attorno agli 800.

Le nuove domande nel corso del 2011 sono state 420, mentre nel 2010 erano 303: il che equivale ad una crescita del 39%.

Tale significativo incremento che non trova purtroppo riscontro nei casi chiusi, ossia tra quanti escono dall’assistenza: 262 nel 2011 contro 245 nel 2010. Questo significa che chi entra in assistenza fa poi sempre più fatica ad uscirne.

Si nota inoltre come il numero dei casi d’assistenza in gestione sia cresciuto in modo significativo nel corso dell’anno 2011: se infatti nel primo trimestre essi erano ancora “solo” 830, nel quarto erano saliti a 1084.

I dati inquietanti proseguono sul fronte dell’età delle persone in assistenza.

Infatti, tra le 420 nuove domande presentate a Lugano nel 2011, la fascia d’età più rappresentata è quella dai 21 ai 25 anni, con 69 casi. Negli scorsi anni non era così. Se a queste 69 domande si aggiungono le domande inoltrate da persone di età compresa tra i 26 ed i 30 anni, che sono 40, arriviamo a 109 nuovi casi di persone in assistenza tra i 21 e i 30 anni.

Traduzione: sempre più giovani non riescono ad entrare nel mondo del lavoro.

Quasi settanta ragazzi tra i 21 ed i 25 anni in assistenza in più rispetto al 2010 non sono un’evoluzione che lascia tranquilli. A maggior ragione se si pensa che il dato è ulteriormente mitigato dai programmi occupazionali organizzati dalla città. Manifesta dunque la necessità di incrementare questi programmi tramite approvazione e messa in vigore del nuovo credito quadro anticrisi.

Non ci vuole la bacchetta magica per immaginare che la causa principale di questa situazione sia la mancanza di lavoro, oppure la precarietà del medesimo. E la riforma della Legge sulla disoccupazione ci ha messo del suo. Infatti 111 dei 420 nuovi casi d’assistenza registrati a Lugano lo scorso anno ricorrono all’aiuto pubblico a causa di reddito insufficiente, 80 perché non hanno alcun reddito, e 132 perché hanno terminato le indennità di disoccupazione: di questi ultimi, 62 sono imputabili alla riforma della LADI.

Cifre eloquenti, dunque, che rendono ancora più evidente, se ancora ce ne fosse bisogno, la necessità di creare occupazione per i residenti. Una necessità che è però incompatibile con la libera circolazione delle persone. Infatti nel corso del 2011 sono stati creati in Ticino 3000 nuovi posti di lavoro, ma i frontalieri sono aumentati di 5600 unità.

Bisogna dunque scegliere cosa si vuole: o ritorno della priorità dei residenti nelle assunzioni, oppure continua ed allarmante crescita delle persone in assistenza.

Lorenzo Quadri