Bene bene! Il ministro leghista Claudio Zali ha deciso l’applicazione di “Prima i nostri” nel campo del trasporto pubblico. La legge sui trasporti pubblici verrà infatti modificata. In base alle nuove disposizioni, le aziende beneficiarie di contributi statali dovranno dare “la precedenza nelle assunzioni alle persone residenti (a parità di requisiti e qualifiche) purché idonee a occupare il posto di lavoro offerto, tenendo in debita considerazione candidature di chi si trova in disoccupazione o a beneficio dell’assistenza”.
Ogni passo avanti è benvenuto
Ogni passo avanti, piccolo o grande che sia, sulla via della preferenza indigena è non solo benvenuto, ma anche necessario. I ticinesi hanno sempre rifiutato i bilaterali e per ben due volte hanno votato la preferenza indigena: in occasione del “maledetto voto” del 9 febbraio e approvando con il 60% dei consensi l’iniziativa “Prima i nostri”. In entrambi i casi, la volontà popolare è stata vergognosamente azzerata in parlamento dalla partitocrazia spalancatrice di frontiere. Sia sotto le cupole federali che a Palazzo delle Orsoline, il triciclo PLR-PPD-P$ ha preso a pesci in faccia la democrazia, propinando ai cittadini la fregnaccia che applicare le loro decisioni “sa po’ mia”. Poi ci si chiede come mai la gente non va nemmeno più a votare.
Serve come il pane
Di preferenza indigena, almeno in Ticino, ce n’è bisogno come del pane. Gli annunci di lavoro per soli frontalieri si moltiplicano. E intanto i politicanti d’Oltreramina hanno ancora il coraggio di raccontare la balla dei frontalieri che sarebbero “discriminati in Svizzera”. Ma andate a Baggio a suonare l’organo! Discriminati in Svizzera sono semmai gli svizzeri. E per questo possiamo ringraziare la casta internazionalista e multikulti.
In barba alla partitocrazia, Zali ha quindi applicato la preferenza indigena nell’ambito delle aziende di trasporto pubblico. Un passo nella direzione giusta, che merita un plauso. E, soprattutto, merita molti altri passi analoghi. E non solo nel settore pubblico e parapubblico (anche se quest’ultimo deve certamente dare l’esempio). Adesso attendiamo che qualcuno, dal “vivaio” partitocratico, si metta a starnazzare che “sa po’ mia”.
L’intransigente e miope opposizione da parte dell’élite eurolecchina (partitocrazia, stampa di regime, padronato, sindacati, intellettualini e compagnia cantante) ad ogni limitazione della libera circolazione delle persone, ed in primis proprio della preferenza indigena, ha comunque chiarito una cosa: per il Ticino non c’è futuro se la libera circolazione delle persone non viene fatta saltare. Per cui, tutti a firmare l’iniziativa popolare “per un’immigrazione moderata”!
Lorenzo Quadri