Gli utili della Banca nazionale vanno utilizzati per ridurre la “pillola” ai cittadini
Come sempre in questo periodo in cui vengono annunciati gli aumenti del premio di cassa malati per l’anno successivo, i costi insostenibili dell’assicurazione malattia ritornano all’ordine del giorno della politica. A maggior ragione nell’imminenza delle elezioni federali. Il nuovo Consigliere di Stato Raffaele De Rosa ha dichiarato che riterrà ingiustificato qualsiasi nuovo aumento di premio in Ticino. Certamente meglio, dal punto di vista comunicativo, delle Beltrapresediposizione con cui l’allora direttore del DSS si dichiarava “sereno”. Ma si tratta di esternazioni pro-saccoccia partito. Perché sarebbe interessante sapere in concreto come il Consigliere di Stato uregiatto impedirà l’ennesimo latrocinio a danno dei ticinesi.
Legge $ocialista
La LAMal, legge targata P$$, nata sotto l’egida dell’allora Consigliera federale kompagna Ruth Dreifuss, genera discussioni e malcontento da un quarto di secolo. Ma queste si traducono, nella migliore delle ipotesi, in cerotti sulla gamba di legno. Nel frattempo, il premio medio di cassa malati è esploso: se pensiamo che nel 1996 era di 176 Fr mensili e lo paragoniamo con quello che si paga oggi… Oltretutto, uno studio del Credit Suisse di un paio di anni fa annunciava un raddoppio dei premi, rispetto allo stato attuale, entro il 2040.
Tre piste
Al momento, il sistema sanitario elvetico costa circa 84 miliardi, l’assicurazione malattia 30 miliardi e gli assicuratori dispongono di riserve per 8 miliardi. Queste riserve, formate tramite premi gonfiati, sono eccessive e quindi vanno ridotte: il surplus deve essere restituito ai cittadini. Al proposito chi scrive ha appena inoltrato una mozione al Consiglio federale.
Ma, al di là di questo, come fare per ridurre il salasso ai cittadini, che diventa sempre più insostenibile?
Ci sono sostanzialmente tre piste: 1) ripartire diversamente i costi; 2) limitare l’offerta e 3) limitare il budget, ovvero il “freno alla spesa” promosso dal PPD naturalmente a scopo elettorale.
Al proposito di questo freno alla spesa (i costi sanitari non devono crescere più dei salari) a parte l’enunciazione populista di principio, c’è un problemino: i promotori uregiatti non dicono come si dovrebbe arrivare al risultato auspicato. Evidentemente si tratta di introdurre dei budget globali; e dunque, quando il budget finisce, cosa succede? Si smette di curare?
Sulla questione dell’offerta è verosimilmente più facile intervenire. Non tutto quanto è previsto dal catalogo delle prestazioni dell’assicurazione di base LAMal è indispensabile: quindi occorrerebbe avere il coraggio di effettuare qualche scrematura. Ma a dover fare il classico passo indietro sono anche i fornitori di prestazioni. Ad esempio: come la mettiamo con i prezzi gonfiati dei farmaci, generici compresi? Il prezzo di vendita da noi non di rado è un multiplo di quello applicato all’estero; oltretutto per medicamenti prodotti in Svizzera.
Altra questione: i centri medici che stanno spuntando come funghi, gestiti da imprenditori con logiche commerciali, che offrono i “prodotti” più disparati, dall’urologia all’otorinolaringoiatria. Dei veri e propri centri di shopping sanitario in cui il cliente-paziente entra e finisce per consumare prestazioni di cui non ha bisogno. Come in un supermercato, appunto.
Il finanziamento
Per quanto attiene al finanziamento della spesa sanitaria, è chiaro che il sistema attuale non è più sostenibile. I premi di cassa malati non seguono l’evoluzione dei costi, le riserve vengono travasate da un Cantone all’altro, oltre ad essere pompate, la lobby cassamalatara dispone di uno strapotere sulla formazione dei premi, i manager delle casse malati guadagnano stipendi vicino al milione di franchetti annui. In più, le Camere federali sono farcite di deputati che sono contemporaneamente lobbisti delle assicurazioni malattia. Il primato lo detiene – ma guarda un po’ – il PLR. Non a caso il buon KrankenCassis, quando era capogruppo dell’ex partitone nel parlamento federale, di lavoro faceva proprio il lobbista dei cassamalatari.
Il sistema dei sussidi per la riduzione del premio, che sono una parte integrante della LAMal, dal momento che questa non tiene conto della forza finanziaria degli assicurati, diventa sempre più confuso e non trasparente. Le ultime riforme cantonali hanno portato ad un aumento dei beneficiari di sussidi ma contemporaneamente ad una riduzione del sussidio medio per caso, quindi i sussidi diventano meno incisivi e più ad innaffiatoio.
Perché una cassa unica?
Per questo la Lega sostiene la necessità della creazione di una cassa malati unica e pubblica. All’inizio degli anni duemila, il Nano lanciò un’iniziativa popolare per la creazione di una cassa malati cantonale. La partitocrazia in Gran Consiglio nemmeno permise al popolo di votarla.
Perché una cassa malati unica e pubblica (il modello potrebbe essere la SUVA, che funziona bene)? Non certo per inclinazioni bolsceviche, ma perché quasi 25 anni di LAMal hanno reso evidente che nell’ambito di un’assicurazione sociale la libera concorrenza non porta ai risultati sperati. Ed infatti i premi aumentano senza controllo.
Una cassa malati unica e pubblica comporterebbe almeno tre vantaggi fondamentali.
- I premi seguirebbero l’evoluzione reale dei costi della salute; attualmente non è il caso, soprattutto in Ticino, dove da un quarto di secolo paghiamo premi eccessivi rispetto ai costi.
- Riduzione degli apparati amministrativi (oggi ci sono una sessantina di casse malati con i rispettivi supermanager), fine dell’utilizzo dei soldi dei premi per campagne pubblicitarie con cui rubarsi a vicenda i “buoni rischi”, eccetera.
- I premi potrebbero venire abbassati artificialmente tramite contributi pubblici. Dove andare a prenderli? C’è solo l’imbarazzo della scelta. Ad esempio, la Banca nazionale svizzera (BNS) nel primo trimestre 2019 ha realizzato 38.5 miliardi di utili. Oggi la BNS ha un bilancio di circa 820 miliardi, ma a Confederazione e Cantoni ne distribuisce due. Vent’anni fa, con un bilancio che era un decimo di quello attuale, la distribuzione era di 1.5 miliardi. Senza contare che la Confederazione da una dozzina d’anni chiude i consuntivi con utili miliardari. Insomma, i soldi ci sono!
Lorenzo Quadri