Il 24 settembre i cittadini dovranno decidere sul futuro di AVS e II pilastro
Il prossimo 24 settembre i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sul pacchetto “Previdenza 2020”. Esso, come noto, è stato approvato alle Camere federali per il rotto della cuffia.
Gli oggetti in votazione sono due: il decreto federale sul finanziamento supplementare all’AVS tramite aumento dell’IVA (si tratta di un adeguamento costituzionale, quindi la votazione è obbligatoria) e la Legge federale sulla riforma Previdenza 2020, contro la quale è stato lanciato il referendum. Se uno dei due oggetti dovesse venire bocciato alle urne, cadrebbe la totalità della riforma.
Col naso turato
La Previdenza 2020 di certo non fa fare salti di gioia a nessuno: è il classico esempio di proposta da votare con il naso turato. Essa comporta dei sacrifici e comporta delle compensazioni. Dovesse venire affossata, sarebbero necessari svariati anni per partorire un’alternativa. Nel frattempo la situazione finanziaria dell’AVS e della previdenza professionale peggiorerebbe ulteriormente. Sarebbero quindi necessari sacrifici più incisivi. A partire dall’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni. Che per il Ticino sarebbe improponibile: “grazie” all’invasione di frontalieri voluta dal triciclo PLR-PPD-PS (nelle scorse settimane è stato registrato l’ennesimo record) nel nostro Cantone chi perde il lavoro dopo i 55 anni non ha speranza di trovarne un altro. Quanto alle compensazioni previste da Previdenza 2020: venissero respinte ora, campa cavallo…
Una politica federale seria…
La riforma Previdenza 2020 mira a garantire le rendite pensionistiche per il futuro (almeno fino al 2030), che altrimenti sarebbero a rischio. Dopo quasi due decenni di conti in nero, da un paio d’anni le uscite dell’AVS sono infatti inferiori alle entrate. Si prevede che, senza correttivi, da qui al 2030 il deficit del primo pilastro raggiungerebbe i 7 miliardi; ciò anche in seguito al pensionamento della generazione del “baby boom” (dal 1950 al 1960) e dell’aumento della speranza di vita: nel 1948, anno di costituzione dell’AVS, era di circa 75 anni, mentre oggi è di oltre 10 anni in più.
E’ certamente vero che una politica federale degna di questo nome, prima di mettere meno alle rendite di vecchiaia, comincerebbe col tagliare drasticamente la spesa miliardaria per i finti rifugiati con lo smartphone, facendo confluire i soldi così risparmiati nel primo pilastro. Ma dalla maggioranza PLR-PPD-PS (più partitini di contorno), che continua ad aumentare l’attrattività della Svizzera per i migranti economici e non ne vuole sapere di chiudere le frontiere, non ci si possono di certo aspettare scelte di questo tipo. Figuriamoci: “bisogna aprirsi”! “Devono entrare tutti”!
Gli aspetti negativi della riforma in votazione sono noti:
- età di pensionamento – che viene castamente rinominata “età di riferimento” – portata a 65 anni anche per le donne;
- aumento dello 0.6% dell’IVA (in due tappe: il primo aumento, previsto per inizio 2018, sarà indolore poiché gli 0,3 punti percentuali verranno ripresi dal finanziamento aggiuntivo dell’AI; per contro il secondo, agendato per il 1° gennaio 2021, porterà l’IVA dall’attuale 8 all’8,3%);
- aliquota di conversione della previdenza professionale ridotta gradatamente dal 6,8 al 6 %.
Per mantenere il livello delle rendite di secondo pilastro, si aumenterà il salario assicurato tramite riduzione della cosiddetta deduzione di coordinamento. E’ un meccanismo complesso; ma quanto proposto tornerà a vantaggio soprattutto dei redditi bassi (e di chi lavora a tempo parziale).
Nel corso degli anni, l’aliquota di conversione attuale del 6,8% degli averi del secondo pilastro è diventata sproporzionata rispetto al rendimento dei capitali, notoriamente sceso ai minimi storici. Ciò significa che per raggiungere l’aliquota prescritta le casse pensioni non solo azzardano investimenti rischiosi, ma attingono ai versamenti degli assicurati attivi. Quindi i lavoratori, invece di risparmiare per le loro rendite, contribuiscono al finanziamento di quelle di chi è già in pensione. Questa distorsione va corretta.
La “mini-tredicesima AVS”
Per quel che riguarda l’AVS, la Previdenza 2020 prevede il famoso supplemento della rendita di primo pilastro di 70 Fr al mese. Questo supplemento non era contemplato nella proposta del Consiglio federale. E’ stato aggiunto in sede parlamentare. Si tratta di una sorta di “mini-tredicesima AVS” (840 Fr all’anno in più per chi beneficia di una rendita piena). Una proposta con cui la Lega non poteva che essere d’accordo, dopo oltre vent’anni di battaglie per introdurre una Tredicesima AVS in Ticino: un progetto che è però stato affossato dai partiti storici, PS in prima fila, per non darla vinta all’odiato Movimento.
A beneficiare dei 70 Fr mensili in più – se la riforma verrà approvata in votazione popolare – sarà chi compirà 65 anni a partire dal 2018.
Flessibilità
Un altro aspetto interessante del pacchetto in votazione riguarda la flessibilità dell’età di pensionamento. Attualmente questa flessibilità è scarsa, sia nell’AVS che nella previdenza professionale. Eppure secondo le statistiche ufficiali solo circa un quarto dei lavoratori svizzeri va in pensione a 65, rispettivamente 64 anni (per le donne). Il 40% smette prima, mentre un terzo rimane attivo professionalmente anche dopo. La Previdenza 2020 contempla delle opzioni di pensionamento flessibile tra i 62 ed i 70 anni.
Classico esempio di compromesso
Il pacchetto Previdenza 2020 è dunque un classico esempio di compromesso svizzero. Un compromesso lungo e faticoso. A tratti anche cervellotico ed arzigogolato: il tema è politicamente sensibile e tecnicamente complesso. Un compromesso che – inutile nasconderlo – lascia a tratti l’amaro in bocca. Ma dai lunghi dibattiti e dalle defatiganti discussioni sul futuro del primo e del secondo pilastro, ho maturato la convinzione che, se quanto abbiamo oggi sul tavolo dovesse venire respinto, qualsiasi cosa arriverà in alternativa potrà solo essere peggiore. Per questo il prossimo 24 settembre vale la pena votare Sì.
Lorenzo Quadri