O si “seleziona” i beneficiari, o di aiuti non ce ne potranno più essere per nessuno

Un tormentone ha segnato l’estate ticinese che ormai si avvicina alla naturale conclusione. Alcuni granconsiglieri PPD (oltretutto a scaglioni: non si parlano tra loro?) si sono inseriti nel solco del direttore del DECS, kompagno Manuele Bertoli, nel lanciare scandalizzate proteste perché non vengono rinnovati dei permessi B a cittadini stranieri a carico del  nostro Stato sociale. Ohibò.

Il “detonatore” è la notizia dell’aumento delle revoche di permessi B. Si è passati dalle 43 nel 2013 a 81 nel 2015. Negli ultimi mesi le revoche sono state in media 8 al mese.

Forse è il caso di rimettere la Chiesa al centro del villaggio.   Che il numero di revoche di permessi di dimora a persone in assistenza sia aumentato, è un dato positivo. Per questo ringraziamo il Direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi. Ma il numero delle revoche deve ancora crescere in modo consistente. Perché ci sono troppi immigrati nel nostro Stato sociale.

“Modello ticinese” a rischio

Le nostre prestazioni sociali sono in vari campi all’avanguardia. Ad esempio per quel che riguarda gli assegni familiari e assegni di prima infanzia (AFI e API). Al proposito si parla di modello ticinese. Ma oggi l’immigrazione del tutto fuori controllo in generale, e la devastante libera circolazione delle persone in particolare, mettono in pericolo quanto è stato costruito.

Il modello ticinese è stato concepito prima della libera circolazione delle persone. Funziona se il numero di fruitori è limitato. Ma è per forza destinato saltare se viene preso d’assalto, come accade a causa della fallimentare politica delle frontiere spalancate, da gente che non ha mai contribuito a finanziarlo (però “stranamente” conosce tutti i modi  per attingervi). Salta per un motivo molto semplice. Perché non è più possibile sostenerlo finanziariamente. In questo sempre meno ridente Cantone, il DSS costa la bellezza di quasi 1.4 miliardi di franchi all’anno.  Ma, se lo Stato sociale diventa infinanziabile, vuol dire che non ci sarà più nemmeno per gli svizzeri.

Il caos asilo, che è scoppiato a tutti gli effetti, darà il colpo finale. Con l’arrivo della bella stagione le frontiere ticinesi sono state letteralmente prese d’assalto da finti rifugiati, tutti giovani uomini soli che non provengono da paesi in guerra. In compenso, sono forniti di vestiti e scarpe alla moda, di almeno uno smartphone (secondo i kompagni sarebbe un “bene indispensabile”) e anche di contanti.

Poiché i migranti economici continuano ad entrare a fiumane in Svizzera  mentre troppo pochi ne escono, il saldo di quelli presenti sul nostro territorio continua a lievitare. La kompagna Simonetta “dobbiamo aiutare l’Italia” Sommaruga rifiuta di sospendere gli accordi di Schengen. Risultato: nei primi 6 mesi del 2016 il numero delle domande d’asilo è aumentato del 20% rispetto allo stesso periodo del 2015. Logica e prevedibile conseguenza: la spesa dell’asilo è finita interamente fuori controllo. A preventivo 2017 della Confederazione, sonno già stati inseriti costi extra per quasi un miliardo.

Alcune dimenticanze

Davanti ad una spesa sociale che galoppa a briglie sciolte verso l’insostenibilità, i moralisti a senso unico puntano il dito, ovviamente in funzione partitica, contro le espulsioni di stranieri in assistenza perché qualcuno di esso avrebbe figli svizzeri. Naturalmente i signori si dimenticano alcune cosette. Ad esempio che prima di venire allontanati dalla Svizzera bisogna essere a carico dell’assistenza in modo durevole ed importante. Che ci sono vari gradi di ricorso. Che gli assegni familiari, assegni di prima infanzia e sussidi di cassa malati non vengono considerati prestazioni assistenziali; quindi non portano ad alcuna revoca di permesso. A questi signori che vogliono mantenere stranieri a go-go, naturalmente con i soldi della collettività (mica con i loro!) non va bene che venga fatta rispettare la legge in materia di permessi di dimora. Loro invocano l’illegalità per trasformarci nel paese del Bengodi per tutti quelli che, in arrivo da paesi stranieri vicini e lontani, vogliono farsi mantenere.

Fare fessi gli svizzerotti

Inoltre: non ci sta bene vedere famiglie straniere che fanno per calcolo un figlio ogni tre anni per staccare gli assegni di prima infanzia. Poi magari non sono in grado di occuparsi della prole e devono intervenire servizi sociali di ogni ordine e grado, generando così ulteriori spese di migliaia di franchi al mese.

E intanto che si spende e si spande per finanziare immigrati nel nostro stato sociale, ci sono – tanto per fare un esempio – anziani ticinesi con gravi problemi di salute che devono combattere per farsi riconoscere un’ora alla settimana in più di aiuti a domicilio. E ricordiamoci anche che quei buonisti-coglionisti bramosi di mantenere finti rifugiati a go-go sono gli stessi che hanno affossato la Tredicesima AVS ai nostri anziani. Senza dimenticare che gli asilanti che ottengono di rimanere in Svizzera finiscono praticamente tutti a carico dell’assistenza. Nemmeno ci sono garanzie che chi rimane qui sia un vero perseguitato. Vedi i 189 sedicenti profughi ai quali l’anno scorso è stato ritirato il permesso perché andavano in vacanza nel paese d’origine, ossia in quel paese dove, a loro dire, avrebbero dovuto essere in pericolo di vita. Ma è così bello fare fessi gli svizzerotti!

Le revoche devono aumentare

Quindi di permessi di dimora a persone in assistenza bisogna ritirarne ancora di più. La nostra socialità la finanziamo per i ticinesi in difficoltà . Non per attirare “utenti” dall’estero. Se dunque vogliamo salvare quanto di positivo è stato creato, bisogna discriminare. Nel senso che bisogna scegliere.  “Prima i nostri” deve valere non solo per l’accesso al mercato del lavoro, ma anche per quello allo Stato sociale. In caso contrario, di aiuti non ce ne saranno più per nessuno. Perché non ci saranno più i soldi nemmeno per i ticinesi in difficoltà. E per questo potremo ringraziare gli spalancatori di frontiere.

Sicché, invece di strillare allo scandalo per l’espulsione di alcuni dimoranti in assistenza, cominciamo a calcolare a quanto ammontano i costi sociali (non solo tutte le prestazioni percepite, ma il totale dei costi) generati da permessi B. Poi vedremo se il problema è che le revoche sono troppe (?) o se è invece proprio il contrario: ossia che sono troppo poche.

Lorenzo Quadri