Come gesto conciliatorio, per agevolare le trattative tra Svizzera ed Italia, e per favorire il ritorno ad un clima di normalità tra i due paesi, il Ticino ha sbloccato i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri.
A parte che non c’è nulla di normale nel dare lavoro a 54mila frontalieri e a migliaia di padroncini – ciò che significa dar da mangiare, familiari compresi, ad almeno 200mila persone residenti in Italia – e poi finire su liste nere italiane illegali, e ciononostante continuare a versare ristorni dei frontalieri ed oltretutto al tasso spropositato del 38.8%, non si sta normalizzando proprio un bel niente. Come del resto c’era da aspettarsi da una controparte la cui “affidabilità” è ormai notoria.
Infatti, l’ultima novità è la seguente. Da qualche settimana, di punto in bianco, la Guardia di Finanza al valico di Chiasso Brogeda ha cominciato col sistematicamente bloccare e perquisire in dogana i torpedoni con a bordo turisti cinesi in arrivo dalla Svizzera. Di fatto, gli sbigottiti turisti vengono passati al setaccio come dei delinquenti dai finanzieri, i quali sono alla ricerca di oggetti di valore acquistati in Ticino. Su questi acquisti, la Guardia di finanza pretende il pagamento dell’IVA al 21%. Questo con l’indicazione di farsi risarcire in aeroporto. Una prassi che però non funziona mai.
E’ chiaro che si tratta dell’ennesima iniziativa messa in campo dalla vicina ed ex amica Penisola con l’obiettivo, tra l’altro, di penalizzare il Ticino. Infatti, a fare le spese del malcontento che questa bella pensata – per cui probabilmente la base legale esiste, ma che mai prima d’ora era stata applicata – è il nostro Cantone. E’ significativo il fatto che vengano presi di mira solo i torpedoni di turisti cinesi. Evidentemente la Guardia di finanza pensa che questi turisti siano più propensi ad acquistare beni di lusso su cui pagare abbondante IVA.
Ovviamente la notizia si è rapidamente diffusa tra i tour operatori cinesi. I quali già pensano di tagliar fuori il Ticino dai loro itinerari. Una decisione che andrebbe a tutto danno dei commerci e degli esercizi pubblici del nostro Cantone, i quali – già che il turismo langue – si vedrebbero mancare un’ulteriore, interessante risorsa turistica.
Svizzera turismo è già a conoscenza del caso, e sta cercando di interloquire con i tour operator cinesi per convincerli a portare pazienza. E’ stata coinvolta anche la SECO.
Per tutto questo possiamo ringraziare, per l’ennesima volta, l’Italia.
Altro che normalizzazione dei rapporti! I nostri vicini ci stanno di nuovo prendendo per il naso. E il fatto che il prossimo incontro tra il premier non eletto Mario Monti e la ministra del 5% Eveline Widmer Schlumpf sia previsto solo a novembre, non è che un altro indicatore in questo senso. Ottenuti i ristorni, l’Italia non ha più il benché minimo stimolo a togliere la Svizzera dalle black list illegali e a piantarla con le misure di boicottaggio nei nostri confronti. Anzi: ne inventa sempre di nuove, come dimostra il caso dei turisti cinesi.