Primo maggio bagnato (dalla meteo) ed annacquato nei contenuti quello ticinese. Che, ma non è certo una novità , si è trasformato nella consueta vetrina dei sindacati di sinistra e di conseguenza del partito socialista (sono la stessa cosa).
In Ticino il problema numero uno è il lavoro. Il lavoro per i residenti, non in generale. Se ogni giorno entrano in questo Cantone (ovviamente uno per macchina) 62’500 frontalieri e svariate migliaia di padroncini – a cui bisogna aggiungere il “nero” – vuol dire che da qualche parte il lavoro c’è. Ma per le persone “sbagliate”. Lo stesso Corriere di Como ha scritto piĂą di una volta in prima pagina che la Svizzera è la “valvola di sfogo” della crisi del mercato lombardo.
E’ evidente che la devastante libera circolazione delle persone senza limiti sta affossando il mercato del lavoro ticinese. I casi d’assistenza esplodono. Se ne è accorto, dopo la decima fetta, anche il ministro della socialità Beltraminelli, che invita i ticinesi ad emigrare. Emigrare per far spazio a frontalieri e padroncini? Poi ci si chiede come mai il PPD fa flop alle elezioni…
Chi ha voluto cosa
La politica delle frontiere spalancate ha dei fautori e degli oppositori. La $inistra sindacale in piazza venerdì è stata ed è – a manina con gli odiati “padroni” – tra i supporters più accaniti.
Questi kompagni hanno sostenuto la libera circolazione delle persone, ed i contrari erano populisti e fascisti. Hanno sostenuto l’allargamento ad est dei bilaterali, ed i contrari erano populisti e fascisti.
Hanno combattuto – spendendo un pacco di soldi dei lavoratori – l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”, ed i favorevoli erano populisti e fascisti. Hanno detto che bisogna rifare il voto “populista e fascista” del 9 febbraio (mica solo Bertoli: è la posizione di tutta la $inistra). Gongolano ad ogni schiaffo che questo voto – e quindi i cittadini “populisti e fascisti” che l’hanno espresso – riceve dai balivi UE. E, non dimentichiamolo, vogliono l’adesione all’UE. Nel PSS comanda UNIA.
Contrordine?
Adesso, dopo la batosta elettorale del 19 aprile, i ro$$i vorrebbero far credere di aver fatto il salto della quaglia e di essere diventati euroscettici. Così, dalla sera alla mattina. Evidentemente pensano che i ticinesi, oltre che “populisti e fascisti”, siano anche scemi.
Che a giocare ai paladini dei lavoratori siano gli stessi che hanno provocato la guerra tra poveri spalancando le frontiere (perché “bisogna aprirsi”, “vogliamo una Svizzera aperta”, “no all’isolazionismo xenofobo”) evidentemente non suscita più alcuna sorpresa: ci siamo abituati. Ma quella sensazione di nausea e leggero schifo rimane. Facile fingersi euroscettici nell’illusione di recuperare qualche consenso quando poi, nella pratica, non si perde né il pelo né il vizio. Dov’è l’abiura dell’obiettivo adesione all’UE? Dov’è l’appoggio al contingentamento dei frontalieri? E quello alla priorità dei residenti? Non ci sono. Il motivo è sempre lo stesso: i frontalieri per l’industria sindacale sono un ottimo affare economico. E mica si taglia il ramo su cui si è seduti, nemmeno a $inistra. Altro che spalancare le frontiere e poi manifestare contro il dumping!
Sindacati per ticinesi
Quando ci saranno dei sindacati con affiliati solo ticinesi, che difenderanno gli interessi dei ticinesi, magari questi ultimi potranno credibilmente guidare i cortei del primo maggio. Nella situazione attuale, meglio starsene con i pochi fedeli rimasti. Come gli intellettualini rossi da tre e una cicca (quelli che disprezzano il Ticino chiuso e retrogrado ma poi attingono a piene mani ai sussidi pubblici), i BrutTicino, il prete di partito Don Feliciani, il Caffè della Peppina domenicale dove i redattori “non patrizi” ancora inneggiano alle “aperture”, eccetera.
Ed intanto anche il primo maggio i padroncini entravano allegramente in Ticino a fare concorrenza sleale ad artigiani ed imprese ticinesi, grazie alla libera circolazione delle persone sostenuta da quelli che venerdì predicavano al microfono.
Lorenzo Quadri