Lo scorso 11 marzo è stata approvata, a livello federale, l’iniziativa che limita le residenze secondarie: al massimo il 20% per Comune e non una di più!

L’iniziativa venne tuttavia saggiamente respinta dalla maggioranza dei ticinesi, e questo per vari motivi. Innanzitutto perché, in un federalismo che già mostra più di una crepa, l’ultima cosa di cui c’era bisogno era un ulteriore schiaffo ai poteri locali, ora finiti sotto tutela nell’ambito della pianificazione del territorio. Come se Cantoni e Comuni, nell’anno di grazia 2012, non fossero in grado di regolarsi da soli, trovando l’equilibrio più conveniente, e dovessero invece attendere l’ennesimo diktat giacobino, che pretende di trattare tutti allo stesso modo: Cantoni turistici e Cantoni industriali, regioni urbane e regioni rurali, come se non sussistesse alcuna differenza!

Purtroppo, da due mesi la frittata è fatta (ancora una volta, ci viene imposta da altri) e ora per il nostro Cantone (Consiglio di Stato, Deputazione alle Camere federali, Gran Consiglio) si tratta di impegnarsi nella “riduzione del danno”.

Le premesse non sono favorevoli. Infatti, la prima vittima dell’iniziativa anti-residenze secondarie rischiano di essere i nostri rustici. Dopo tre decenni di discussioni con la Confederazione, dopo la faticosa (e non ancora finita) elaborazione del PUC-PEIP, si cominciava a vedere una luce in fondo al tunnel.  Adesso tutto rischia di andare a pallino un’altra volta.

Nella recente “due giorni” del Consiglio nazionale, più di un atto parlamentare è stato presentato nell’intento di contribuire ad evitare che l’iniziativa del 20% portasse anche allo sfacelo dei rustici. I deputati ticinesi hanno avuto il loro daffare a spiegare ai colleghi d’Oltralpe il concetto di “rustici”, termine che non ha un equivalente in un’altra lingua (ed infatti, anche alle Camere federali, si parla in genere di “rustici”, usando la parola italiana). Se, almeno all’apparenza, a livello parlamentare sembrerebbe esserci una certa dose di buona volontà collettiva (ma non vorremmo essere smentiti), è per contro allucinante l’iniziativa dei soliti burocrati dell’ARE, l’ufficio federale dello sviluppo territoriale. I quali, ancora una volta, si sono fatti riconoscere per l’incredibile arroganza. Al punto da proporre al DATEC nientemeno che di denunciare penalmente (!) i Comuni i quali, malgrado abbiano superato la quota del 20% di abitazioni secondarie, rilasciano ancora licenze edilizie. Questo quando l’iniziativa Weber è ancora ben lontana dall’essere stata tradotta in norme di legge applicabili! Un simile comportamento è assolutamente inaccettabile – come si permettono dei burocrati di minacciare, mo’ di “guerra preventiva”, delle autorità democraticamente elette? –  e ci aspettiamo che venga stigmatizzato a dovere dal livello politico: ossia dalla Consiglio federale, o per lo meno dalla direttrice del DATEC. Tanto più che qualcuno sembra dimenticarsi – perché così gli fa comodo – che, assai prima dell’iniziativa Weber,  è riuscita l’iniziativa per l’espulsione dei cittadini stranieri che delinquono o che abusano dello stato sociale svizzero. Nella concretizzazione di questa iniziativa la Berna federale sta colpevolmente nicchiando, e allora, se tanto ci dà tanto, adottiamo anche qui il “modello ARE”: denuncia penale, a titolo preventivo, per le autorità amministrative e/o giudiziarie che non decretano immediatamente l’espulsione di cittadini stranieri che hanno commesso reati od abusi ai sensi dell’iniziativa accettata dal popolo. Altrimenti è troppo facile giocare sul doppio binario a seconda delle preferenze personali…