Losone, il CC nega la naturalizzazione a mamma Tomic e la sinistra si “inalbera”

 

A Losone la maggioranza del Consiglio comunale ha di nuovo negato l’attinenza comunale a Kaja Tomic, la madre di Marko Tomic, uno dei giovani “non patrizi” condannati per l’omicidio di Damiano Tamagni.

Inutile dire che sposiamo in pieno la decisione del CC di Losone. Del resto la maggioranza a favore del No era schiacciante: 26 a 5 (tutti di sinistra) e 2 astenuti. Quindi non sono stati certo solo i leghisti populisti e razzisti a porre il veto. A voler naturalizzare a tutti i costi la mamma dell’omicida c’erano invece – ma guarda un po’ ! – i compagni.

Posizioni note

La posizione della $inistra spalancatrice di frontiere in materia di naturalizzazioni è arcinota: devono essere sempre più facili. Come ebbe a dire uno di loro in Gran Consiglio: “già il fatto che il candidato presenta la domanda dimostra che è sufficientemente integrato”. Un po’ come dire: già il fatto che qualcuno presenti domanda di rendita AI dimostra che sta abbastanza male per ottenerla. Non solo ma – sempre secondo la $inistruccia – gli stranieri dovrebbero disporre anche del diritto di voto.

Ironie involontarie

Nel caso concreto di mamma Tomic, davanti alla decisione della schiacciante maggioranza del Consiglio comunale, gli esponenti del P$ losonese avebbero potuto prendere atto e chiuderla lì. Così facendo, oltretutto, avrebbero evitato di esporre la signora ad ulteriori polemiche. Invece no: hanno pensato bene di diramare un comunicato stampa in cui affermano che “il diniego della naturalizzazione è basato su motivazioni inconsistenti”. Eh già. Prendere nota: hai un figlio condannato per omicidio? No problem, il fatto è “inconsistente”.

Il comunicato, oltretutto, è pure intitolato “la legge è uguale per tutti”. Quando si dice l’ironia involontaria. E’ uguale anche per la kompagna passatrice Bosia Mirra? Strano titolo, comunque. Specie se si pensa alla recente dichiarazione del presidente del P$ Igor Righini secondo il quale, se le leggi pongono dei problemi di coscienza, si possono anche violare. Mettetevi poi d’accordo tra voi…

Interessante anche quest’altro passaggio del comunicato: “la candidata ha mostrato superiori elementi d’integrazione e di comprensione del contesto sociale locale di tanti altri candidati che hanno ottenuto in precedenza la cittadinanza”. In sostanza si ammette che finora si sono regalati passaporti svizzeri.

Le colpe dei figli

Per tornare alla naturalizzazione giustamente rifiutata. La Signora Tomic non è una delinquente, del resto nessuno la accusa di alcunché. Il figlio invece lo è, ed infatti è stato condannato. Se le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, in senso contrario la regola non è poi così evidente. Magari, se i figli sono criminali, i padri (e le madri) c’entrano in qualche modo. Ovviamente non in senso penale, ma forse nel compito educativo qualcosa è andato storto.

Va poi considerato che i figli sono sempre tali. Il legame parentale non può venire rescisso a piacimento. Il figlio della candidata si è macchiato di uno dei reati più gravi in assoluto;  ha dunque arrecato un grandissimo danno alla comunità svizzera. La madre chiede ora con insistenza di entrare a far parte proprio di quella comunità che il figlio ha così gravemente ferito. Certo: la condanna per omicidio l’ha ricevuta il figlio e non la mamma. La fedina penale della Signora Tomic sarà senz’altro immacolata. Ma viste le circostanze, come ci si può attendere che i consiglieri comunali, rappresentanti dei cittadini, siano d’accordo di premiare questa candidata conferendole l’attinenza comunale? Si dà infatti il caso che la naturalizzazione sia un atto politico che premia persone meritevoli, non una semplice formalità amministrativa, come vorrebbero i ro$$i fautori delle naturalizzazioni a go-go.

Speriamo che finisca qui

Non si può certo pretendere che il giudizio complessivo sulla candidata faccia astrazione dalle malefatte del figlio, poiché evidentemente anche il figlio fa parte del vissuto dell’aspirante cittadina elvetica. L’insistenza nel pretendere la naturalizzazione, quindi nel rifiutarsi di riconoscere il problema, non gioca a favore. Quindi forse, al contrario di quanto scrivono i socialisti nel loro comunicato, un problema “di comprensione del contesto sociale locale” c’è.  Una famiglia ticinese con un figlio condannato per omicidio avanzerebbe pretese o volerebbe rasoterra per ovvi motivi?

Speriamo dunque che mamma Tomic, dopo il secondo no alla sua richiesta di naturalizzazione, se ne faccia una ragione e lasci perdere. Eviterà così polemiche “sulla sua pelle” (che di certo non sono piacevoli per lei né per i suoi familiari) ed eviterà anche di rigirare il coltello in una piaga mai chiusa. Anche questo sarebbe una dimostrazione di integrazione.

Lorenzo Quadri