Cosa deve ancora succedere perché qualcuno, a Berna e a Bellinzona, scenda dal pero?
Non se ne può più! Nei giorni scorsi abbiamo appreso che i ristorni dei frontalieri versati nell’anno di disgrazia 2019 sono lievitati alla stratosferica cifra di 95 milioni di franchetti! Siamo quindi alla soglia dei 100 milioni di Fr che in tempo di crisi nera partono dal Ticino per finire nel pozzo senza fondo delle casse pubbliche del Belpaese. I cui politicanti, per tutto ringraziamento, ci sputano in faccia.
Chiaro che i ristorni aumentano: grazie alla devastante libera circolazione delle persone, voluta dalla partitocrazia, il numero dei frontalieri cresce sempre più. E solo un settimo di loro lavora in settori dove c’è carenza di manodopera residente. Un motivo in più per votare SI’ all’iniziativa “Per la limitazione”: c’è tempo fino a mezzogiorno!
Che i vicini a sud non vogliano rivedere la Convenzione del 1974 e firmare il “nuovo” accordo sulla fiscalità dei frontalieri, accordo che è sul tavolo dal remoto 2015, ormai l’hanno capito anche i paracarri. Dopo 5 anni che ci facciamo sontuosamente prendere per i fondelli, si converrà che anche la pazienza degli svizzerotti – per quanto fessi possano essere – debba giungere al capolinea. Ricordiamo che anche la famosa “road map” tra Svizzera ed Italia è da tempo finita nel cestino della carta straccia.
Basta scuse
E che da oltreramina non si sognino di invocare, quale scusante alle loro clamorose inadempienze, fetecchiate come il presunto “caso permessi”: ovvero la più che legittima, ed anzi doverosa, pretesa del Dipartimento delle Istituzioni di esperire dei controlli prima di rilasciare permessi B e C. Controlli, sia detto per inciso, che sono all’acqua di rose se paragonati alle iniziative vessatorie della Guardia di finanza nei confronti degli italiani residenti all’estero.
Semplicemente, i politicanti tricolore non vogliono firmare il nuovo accordo. Punto.
Fino a quando?
La domanda a questo punto è una sola: fino a quando intendiamo far finta che sia tutto normale? A seguito dello stramaledetto virus cinese, con cui – tra l’altro – a marzo ci siamo impestati per colpa delle frontiere spalancate sul Belpaese, i conti cantonali andranno in profondo rosso (è già annunciato un deficit di 270 milioni di franchetti). La disoccupazione schizzerà alle stelle. E noi dovremmo regalare al Belpaese… 100 milioni? Questo quando il Lussemburgo, Stato membro della fallita UE, di ristorni per i frontalieri attivi sul proprio territorio versa zero?
E la perizia?
Ci pare di ricordare che il governicchio cantonale, in tempi nemmeno troppo remoti, abbia commissionato all’Università di Lucerna una perizia sulla vetusta Convenzione del 1974. Dalla perizia è emerso, ma tu guarda i casi della vita, che disdire la Convenzione “sa po’”. Senza che questo significhi far saltare automaticamente anche gli accordi di doppia imposizione con l’Italia.
Forse abbiamo perso qualche puntata, ma non ci risulta che il governicchio – forte dell’esito della perizia lucernese – abbia preteso dai camerieri dell’UE in Consiglio federale la disdetta della Convenzione del 1974 annunciando, in caso contrario, il blocco dei ristorni.
Ma allora, se non intende servirsene, il CdS la perizia l’ha commissionata per cosa? Tanto per la goduria di spendere ulteriori soldi pubblici?
Oppure vuoi vedere che sotto sotto il committente sperava che il responso della perizia sarebbe stato diverso, per poter giustificare ad oltranza la propria politica del “sa po’ fa nagott”?
Concetto semplice
A costo di essere ripetitivi, ribadiamo per l’ennesima volta il (semplice) concetto. Occorre:
- Bloccare i ristorni
- Disdire la Convenzione del 1974.
Altrimenti non se ne uscirà mai!
Ed è ovvio che, anche sul punto 2, la Lega tornerà alla carica con Berna.
Lorenzo Quadri