Eccola qui la “ricchezza” che i bilaterali hanno portato a questo sempre meno ridente Cantone
Quasi 9000 persone in assistenza: è emergenza lavoro!
Ma come, non dovevano essere tutte balle della Lega populista e razzista? Ed invece, ecco che si scopre, vedi quanto pubblicato mercoledì sul GdP, che il numero delle persone in assistenza in questo sempre meno ridente Cantone ha infranto l’ennesimo triste record: siamo infatti a quota 8720. Quindi, quasi 9000 persone sono in assistenza. Nel 2010 erano 6000. In cinque anni, l’aumento è stato del 44%.
Se queste non sono cifre da emergenza – per non parlare dei costi, per Cantone e comuni, che comporta l’esplosione dei casi d’assistenza – allora si dica cosa deve ancora succedere perché il problema venga finalmente preso sul serio e non messo via con il solito “sa po’ fa nagott”.
Esplode il frontalierato
E soprattutto, davanti a questa vera e propria emergenza lavoro, che si abbia almeno la decenza di non venirci a dire che la devastante libera circolazione delle persone non c’entra. Se sempre più persone sono escluse dal mercato del lavoro ticinese è perché quest’ultimo è invaso da frontalieri e da padroncini, che soppiantano i residenti. L’esplosione dell’assistenza va di pari passo con quella del frontalierato, specie nel terziario.
Si ricorderà che, sempre nell’ottica del lavaggio del cervello pro-bilaterali ai ticinesotti, nelle scorse settimane la stampa di regime se ne è uscita con la fregnaccia dei “frontalieri in calo” nell’ultimo trimestre.
A parte che si tratta di un calo di poche unità su un totale di quasi 63mila, i frontalieri sono calati nell’edilizia, ossia dove ci sono sempre stati perché effettivamente non c’era manodopera locale sufficiente. Sono calati perché al loro posto lavorano i residenti? No di certo. Sono calati perché l’edilizia rallenta.
Per contro, prosegue l’esplosione dei frontalieri nel terziario: sono quadruplicati (sic!) nel giro di pochi anni. Erano infatti 10’327 nel quarto semestre del 1999; adesso sono 38mila. E continuano a crescere. Questo malgrado anche il settore terziario rallenti, mica solo l’edilizia. Specie per quel che riguarda la piazza finanziaria, svenduta senza ritegno dall’ex ministra del 4% Widmer Schlumpf.
Poiché l’esplosione dei casi d’assistenza va di pari passo con quella del frontalierato, è evidente l’urgenza di intervenire a questo proposito, con contingenti e preferenza indigena.
Chi entra e chi resta
Il numero delle persone in assistenza aumenta per due motivi: perché sempre più persone entrano in assistenza, ma anche perché sempre meno ne escono. Se le uscite dall’assistenza diventano sempre più difficili, è perché il mercato del lavoro è saturato da frontalieri. “Grazie” alle frontiere spalancate, sempre più ticinesi sono costretti o a stare in assistenza, senza prospettive concrete di poterne uscire in tempi dignitosi; oppure ad emigrare. Quindi non ci si venga a raccontare storielle sulla “ricchezza” portata dalla libera circolazione delle persone senza limiti, voluta e tutt’ora sostenuta dai partiti $torici.
Giovani sovrarappresentati
Particolarmente preoccupante è la sovrarappresentazione dei giovani: un terzo dei ticinesi in assistenza ha, infatti, meno di 26 anni. Se tra questi ci sarà anche qualcuno che fa il furbo, il significato complessivo del dato è che i giovani non riescono nemmeno ad entrare nel mondo del lavoro. Col rischio di trasformarsi in casi sociali “a vita”. Con tutte le conseguenze del caso.
Questo significa due cose.
Primo: che sul mercato del lavoro ticinese i residenti devono avere la priorità.
Secondo: che l’occupazione dei ticinesi, ed in particolare dei giovani, deve essere promossa con interventi mirati.
La città di Lugano, grazie al Nano, per vari anni ha potuto disporre di un credito quadro anticrisi, che proponeva sia delle assunzioni (programmi di lavoro) a tempo determinato presso alcuni servizi della città che una rete di sostegno per l’inserimento nell’economia privata. Per motivi di risparmio il credito per le assunzioni non è stato rinnovato, sono rimasti invece (sotto il nome di “Lugano Network”) gli strumenti d’inserimento. Queste misure andranno potenziate ed affinate. C’è però da chiedersi se, alla luce del continuo degrado delle cifre dell’assistenza, non sia il caso di tornare ad avere comunque anche una quota di assunzioni temporanee, chiaramente definite e finalizzate.
Entrambi i fronti
Il fatto di avere quasi 9000 persone in assistenza in Ticino non solo ci dice, ma ci urla che l’inserimento professionale dei residenti è in cima alla lista delle priorità politiche. Questo vale per tutti gli enti pubblici ticinesi. Non solo per il Cantone ma anche per i Comuni. E l’esercizio deve passare sia dalle misure attive che dalla limitazione della devastante libera circolazione delle persone. Su una cosa bisogna essere in chiaro: senza l’applicazione sera del 9 febbraio, le cifre dell’assistenza continueranno ad esplodere. O vogliamo stare a guardare quando si “festeggerà” il decimillesimo caso?
Lorenzo Quadri