Un sondaggio asfalta gli spalancatori di frontiere multikulti e, soprattutto, il Consiglio federale
Ma come, il divieto di burqa non doveva essere un divieto razzista, xenofobo, islamofobo? I ticinesi, che nel settembre 2012 lo avevano, con lungimiranza, plebiscitato, non andavano infamati come i beceri bifolchi della nazione?
Invece, ma tu guarda i casi della vita, la SonntasZeitung e Le Matin Dimanche hanno svolto un sondaggio a livello nazionale sul tema antiburqa. E cosa hanno scoperto? Che oltre il 71% degli svizzeri condivide il divieto di dissimulazione del volto. Quindi un inequivocabile no al velo integrale. La percentuale sale addirittura all’85% in Ticino: una vera maggioranza bulgara.
Quattro anni fa, al momento della votazione popolare nel nostro Cantone, i Sì furono il 65%. Nel frattempo la crescita dei consensi è stata esponenziale. Non si fatica ad immaginare il perché: il fondamentalismo musulmano è esploso. Anche in Europa. Ciononostante i politikamente korretti spalancatori di frontiere, in nome del fallimentare multikulti, vogliono non solo autorizzare, ma addirittura promuovere l’islamizzazione della Svizzera: vedi la balorda proposta del presidente del P$$ di far diventare l’Islam religione ufficiale. Questo malgrado il nostro sia un paese cristiano da 1500 anni, che su tale basi ha costruito il proprio ordinamento sociale e politico. Con la Svizzera l’Islam non c’entra un tubo. E’ diventato una presenza di una qualche rilevanza numerica solo negli ultimi decenni: logica conseguenza di una politica migratoria scriteriata per cui pagheremo – noi, ma soprattutto le generazioni future – un prezzo altissimo.
Stracciati dall’Europa dell’Est
Nella Repubblica Ceca il premier Sobotka, rifiutando le quote di finti rifugiati che un’Unione europea allo sfascio tenta di imporre agli Stati membri, ha dichiarato, papale-palpale, che non intende permettere la formazione di una forte comunità musulmana nel suo paese. Lo ha detto, oltretutto, sul muso dell’Anghela Merkel. Quella che, con le sue scellerate dichiarazioni pro accoglienza, ha messo mezza Africa in marcia verso l’Europa.
Aspettiamo che qualche ministro svizzero dimostri di avere gli stessi attributi del ceco Sobotka e che, seguendone l’esempio, dichiari anche lui di non volere una forte comunità musulmana in Svizzera. Ma è chiaro che aspetteremo un bel pezzo. Perché “dobbiamo aprirci” (solo noi, ovviamente).
Legnata per il Consiglio federale
Quasi tre quarti dei cittadini svizzeri è dunque favorevole al divieto di burqa. Che legnata per la stampa di regime, quella che ha passato non mesi, ma anni, a far cadere il proprio spocchioso disprezzo sull’articolo costituzionale antiburqa, da un lato bollandolo come “razzista e xenofobo” e dall’altro squalificandolo come “un non problema”. Beh, certo: per i multikulti spalancatori di frontiere, la difesa dei valori e delle regole occidentali è un’eresia. Non potendolo però dire apertamente, tentano di gettare fumo negli occhi con la fetecchiata del “non problema”. I problemi sono sempre “altri”.
Ma soprattutto, e questo è più importante ed anche più preoccupante, l’esito del sondaggio sul divieto di burqa dei due domenicali letteralmente asfalta il Consiglio federale. Ricordiamo che quest’ultimo il divieto di burqa non lo vuole, e non lo ha mai voluto. Ha fatto tutto quanto in suo potere affinché il voto popolare ticinese venisse invalidato a Berna dalle Camere federali (gravissimo!). E quando una sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo gli ha tagliato – contro le aspettative – l’erba sotto i piedi approvando il divieto francese (su cui il Guastafeste ha modellato quello ticinese), il CF ancora moraleggiava a senso unico a favore dell’improponibile pastrano integrale.
Rotta di collisione
Il Consiglio federale si trova dunque in rotta di collisione con i tre quarti degli svizzeri. E aggiungiamo per sovrapprezzo che sempre il Consiglio federale rifiuta schifato, adducendo pretesti del piffero, di compiere anche i passi più elementari per contrastare la diffusione del fondamentalismo islamico nel nostro paese. Ad esempio di vietare i finanziamenti stranieri alle moschee e di imporre, per ovvie ragioni di controllo, che le prediche si tengano nella lingua locale.
La lotta al fondamentalismo islamico – che, secondo la stampa di regime, sarebbe un “non problema” – è in realtà una delle sfide principali dell’Occidente. Ma il Consiglio federale e la maggioranza politikamente korretta e buonista-coglionista, non perdono nemmeno la più insignificante occasione per dimostrare di essere inadeguati ad affrontarla. Con questi presupposti, possiamo giusto raccomandarci al creatore: ad Allah, beninteso.
Lorenzo Quadri