Malgrado ne sarebbero stati licenziati 3000, i frontalieri continuano ad aumentare

Ma guarda un po’: secondo una stima del sindacato OCST, a fine anno 4000 frontalieri potrebbero trovarsi disoccupati.

Nei primi 9 mesi del 2020, sempre secondo la stima dell’OCST, ad aver perso il lavoro sarebbero 3000 permessi G.

Intanto però di recente abbiamo appreso che il numero di frontalieri presenti in Ticino ha infranto l’ennesimo record, superando quota 70mila. Di cui 45mila attivi nel terziario dove, evidentemente, non c’è alcuna carenza di manodopera residente, anzi. Un discorso che può comunque essere esteso ad altri settori: perché la solita manfrina dei ticinesi che non vorrebbero fare “certi lavori” suona sempre più stracca. Ad esempio, di ticinesi che vogliono fare i muratori se ne trovano eccome. Anche perché, visti i tempi che corrono in Ticino, la formazione di muratore offre più opportunità e sbocchi di quella di impiegato di commercio, che andrebbe abolita, così come altri percorsi formativi che poi all’atto pratico si traducono in fabbriche di disoccupati. Questa è purtroppo la realtà ticinese da quando è in vigore la devastante libera circolazione delle persone senza limiti. La responsabilità è del triciclo spalancatore di frontiere.

“La più grave crisi”

Visto che ci aspetta “la più grave crisi economica del dopoguerra” (cit. governicchio federale) è chiaro che di posti di lavoro ne salteranno parecchi, ed in particolare in Ticino.

Questo sfigatissimo Cantone durante la prima ondata pandemica è infatti stato colpito ben più degli altri. Il motivo sono le frontiere spalancate sulla Lombardia, allora principale focolaio pandemico dell’Occidente. Frontiere spalancate volute dalla partitocrazia. Altro che “il virus non si ferma ai confini”, vero kompagno Berset?

Non è certo un caso che, nella seconda ondata, la prima ad impestarsi sia stata la Romandia a causa della libera circolazione con la Francia.

Come andrà a finire?

A nessuno si augura di perdere il posto di lavoro. Ma visto che di impieghi ne salteranno, ci pare ovvio che i primi a rimanere a casa devono essere i frontalieri.

Accadrà davvero così? Sicuramente il triciclo vuole altro. La partitocrazia rifiuta di difendere il lavoro degli svizzeri. Infatti, subito dopo la fine della prima ondata, è corsa a ripristinare la devastante libera circolazione delle persone. E l’ha anche difesa istericamente in vista della votazione sull’iniziativa “Per la limitazione”. E questo sebbene sia evidente che, in tempo di crisi nera, la Svizzera non si può più permettere né l’immigrazione incontrollata, né il soppiantamento di lavoratori elvetici con stranieri.

Quindi, vedremo chi perderà l’impiego a causa dello stramaledetto virus cinese.

Solo due spiegazioni

Le stime OCST parlano di 3000 frontalieri che sarebbero già rimasti disoccupati nel corso dell’anno di disgrazia 2020 e di altri 1000 che lo diventeranno prima di fine dicembre. Eppure, il numero dei frontalieri invece di diminuire aumenta. Le spiegazioni possibili sono solo due. O qualcuno tarocca le statistiche, oppure i frontalieri in questione saranno anche stati licenziati, ma contemporaneamente sono stati sostituiti da altri frontalieri, magari più giovani e meno costosi.

Quindi in un modo o nell’altro i lavoratori ticinesi rimangono sempre fregati. Per loro di impieghi non ce ne sono proprio. 

Il fatto che, malgrado i licenziamenti di frontalieri, il numero di permessi in Ticino continui ad aumentare, non fa che confermare ulteriormente il disastro generato dalla libera circolazione delle persone: l’invasione da sud prosegue ed anzi si fa sempre più virulenta.

Grazie, partitocrazia!

Ringraziamo la partitocrazia eurolecchina che, respingendo l’iniziativa “Per la limitazione”, ha voluto tutto questo. Naturalmente tentando di negare l’evidenza dello sfascio del mercato del lavoro ticinese causa frontiere spalancate. Visto che oggi, tra i soldatini del pensiero unico, va di moda utilizzare a sproposito il termine “negazionista” (lo si impiega in relazione al clima ed al virus cinese) a maggior ragione la definizione va allora affibbiata a chi – e si tratta in genere proprio dei soldatini di cui sopra –  nega la responsabilità della libera circolazione per le deplorevoli condizioni in cui versa l’occupazione in Ticino.

Lorenzo Quadri