L’unica soluzione è l’ “Alleingang”: per la Confederella, la priorità è Bruxelles
Ah beh, quando si dice la scoperta dell’acqua calda! Il ministro degli esteri italo-svizzero Ignazio KrankenCassis nell’incontro della scorsa settimana con il governo ticinese ha ammesso che i rapporti con l’Italia sono “sicuramente non sono facili”.
Chiaro: solo dei boccaloni d’Oltralpe come l’ormai obliato Didier Burkhaltèèèr (PLR) e Johann “Leider” Ammann (sempre PLR) potevano credere alla promesse italiche di conclusione imminente del nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Mentre su altri temi, quali ad esempio l’annosa questione dell’accesso al mercato italiano per gli operatori finanziari svizzeri, i vicini a sud non provano nemmeno ad essere rassicuranti: fanno direttamente orecchie da mercante. Eppure, il tema non è esattamente “di nicchia”: sono in ballo numerosi posti di lavoro sulla piazza finanziaria ticinese, già devastata dalle calate di braghe dell’ex ministra del 5% Widmer Schlumpf, con la benedizione del solito triciclo PLR-PPD-P$.
E la reazione?
Dopo anni di prese per i fondelli “hard” ad opera del Belpaese, sarebbe anche ora che da parte elvetica ci fosse una reazione. Invece gli azzimati signori della diplomazia rossocrociata si sono addirittura bevuti la fandonia che l’accordo sulla fiscalità dei frontalieri sarebbe stato bloccato dagli italiani a causa della richiesta del casellario giudiziale. E che, se i ticinesotti avessero rinunciato al casellario, svendendo la propria sicurezza, tutto si sarebbe sistemato. Certo, come no! Se non si pigia il tasto “reset” su questa diplomazia, non andremo da nessuna parte.
Adesso il buon KrankenCassis va a trovare il Consiglio di Stato ticinese (tappeti rossi, salamelecchi, slinguazzate,…) e l’esito dell’incontro è la scoperta dell’acqua calda: “la situazione con l’Italia è difficile”. Ma va? Intanto però è lì pronto sul tavolo il tema del blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri: uno dei pochi (ed efficaci) mezzi di pressione sulla vicina Repubblica di cui il Ticino dispone. E’ forse giunto il momento di farvi ricorso, visto che di nuovi accordi fiscali con il Belpaese non ne vedremo mai? Risposta del ministro degli esteri: “Qualche volta le pressioni sono utili (…) ma devono essere portate avanti quando ci sono dei governi in carica, ed in Italia non è il caso”.
La musica non cambia
E ti pareva! Burkhaltèèèr o Cassis, la musica non cambia. Per farsi valere non è mai il momento. Il ritornello è sempre lo stesso “sì ma non ora, sì ma non così, bisogna aspettare,…”. Con queste fregnacce, i bernesi ci prendono per i fondelli per anni! Intanto, in attesa che arrivi il “momento giusto” i ticinesotti continuano a pagare un tributo deciso 44 anni fa, e che nelle circostanze attuali è diventato privo d’oggetto.
Ricordiamo infatti per l’ennesima volta che i ristorni costituiscono un pizzo all’Italia in cambio del riconoscimento, da parte di Roma, del segreto bancario elvetico. Tale operazione era nell’interesse di tutta la Svizzera. Solo il Ticino, però, ne ha pagato il conto. E continua a pagarlo. Erano state a suo tempo promesse delle compensazioni? C’è chi lo assicura. Ma in ogni caso, queste compensazioni non le ha mai viste nessuno. Negli ultimi anni sono state richieste a più riprese. Risposta del Consiglio federale: “sa po’ mia!”. Passata la festa, gabbato lo santo.
Morale della favola: per il blocco dei ristorni, abbiamo già aspettato abbastanza. Adesso è tempo di passare all’atto. Abbiamo già perso troppi anni; e troppe decine, anzi ormai centinaia, di milioncini delle nostre casse pubbliche.
Concertare?
Ancora più “del Cassis” la sortita del kompagno Bertoli, presidente di turno del consiglio di Stato, secondo cui qualsiasi rimostranza nei confronti degli italici dovrà essere concordata tra Bellinzona e Berna. Sicuro, e gli asini volano! La Confederella non deciderà mai alcuna “misura di pressione” nei confronti del Belpaese. L’hanno capito anche i paracarri. La sua unica preoccupazione è quella di compiacere i padroni di Bruxelles. E se ciò significa sacrificare gli interessi di questo sfigatissimo Cantone e dei suoi abitanti, chissenefrega! Inoltre, come continua a ripetere la ministra del “devono entrare tutti” kompagna Simonetta Sommaruga, “Dobbiamo aiutare l’Italia”. I tapini bernesi credono di avere a che fare con un paese amico!
Che nessuno si faccia illusioni: se vuole difendersi, il Ticino deve muoversi per conto proprio. Se aspettiamo il benestare del terzo e del quarto, tanto vale chiudere subito baracca e burattini. Come dicono Oltregottardo: Alleingang!
Lorenzo Quadri