L’ultima occasione per difenderci

Giovedì sono state consegnate a Berna le firme del triplo referendum contro gli accordi fiscali con Germania, Gran Bretagna ed Austria.
Si resta in attesa della convalida da parte della Cancelleria federale; non dovrebbero però esserci brutte sorprese. Sicché sullo spinoso problema il popolo potrà dire la sua. Con la consapevolezza della posta in gioco: non solo oltre 50mila posti di lavoro sulla piazza finanziaria svizzera, ma anche il futuro della nostra indipendenza, della nostra sovranità e del nostro Stato di diritto.
Dal lancio del referendum infatti la situazione si è ulteriormente e pesantemente compromessa. Logica conseguenza dello scandaloso cedimento ad oltranza del Consiglio federale su tutti i fronti, che può avere un solo obiettivo: distruggere tutte le nostre specificità, quelle che hanno fatto il nostro benessere (o quel che ne resta) per farci entrare nell’Unione europea.
Solo nelle ultime settimane, l’escalation è stata devastante. La possibilità di presentare domande raggruppate sui conti esteri di propri concittadini, concessa agli USA, lo sarà anche a tutti gli Stati con cui la Svizzera sottoscriverà accordi fiscali internazionali. La differenza tra le domande raggruppate e le fishing expeditions, che costituiscono la fine del segreto bancario, è solo una questione di sofismi accademici.

La situazione precipita
La scorsa settimana, poi, la batosta, che ha immediatamente travalicato i nostri confini, dove è stata letta per quello che è: la fine del segreto bancario anche per gli svizzeri.
Infatti, a seguito di un’ovvia reazione a catena, quello che – calando le braghe – il Consiglio federale ha concesso agli USA, deve venire concesso pure agli altri Stati. A questo punto era chiaro che i Cantoni avrebbero preteso di poter accedere anche loro, repubbliche elvetiche, ad informazioni che vengono accordate ad autorità fiscali straniere. Quindi il segreto bancario viene smontato anche per i cittadini svizzeri. E oltretutto senza nemmeno parlare di amnistie: ossia senza dare la possibilità di mettersi in regola.
In questa vera e propria débâcle si inserisce la vergognosa vicenda della trasmissione all’autorità inquirente USA dei dati di 10mila collaboratori ed ex collaboratori di banche svizzere, autorizzata dal Consiglio federale senza avere la base legale per farlo. Il delegato alla protezione dei dati ha sottolineato, naturalmente a scoppio ritardato, l’illiceità dell’operazione. L’accaduto ha fatto sì che alcune banche, anche non implicate in questioni americane, sconsigliassero vivamente a tutti i propri collaboratori di recarsi negli USA.

Il tradimento
Il comportamento del Consiglio federale, che ha svenduto 10mila concittadini ad un’autorità estera, oltre ad essere una macchia indelebile ha un nome ben preciso: tradimento.
E’ evidente che ad un governo che svende i propri concittadini non si può fare alcuna fiducia. Men che meno ci si può aspettare che difenderà la nostra autonomia, la nostra sovranità, la nostra indipendenza, dagli Stati falliti che ci circondano e che hanno messo gli occhi sulla Svizzera in un vero e proprio assalto alla diligenza. Un assalto cui l’Esecutivo elvetico ha spalancato le porte.
Gli accordi referendati sono molto più di trattati fiscali. Farli saltare significa tutelare non solo una delle nostre risorse più importanti, ovvero la piazza finanziaria, e 50mila posti di lavoro. Significa anche rifiutare una linea di condotta volta alla distruzione di tutto ciò che ha fatto la fortuna del nostro Paese. Con l’obiettivo di ridurlo al livello di uno Stato membro di un’UE che ha fallito su tutta la linea.
Lorenzo Quadri