No al ritiro automatico del passaporto significa via libera ai tribunali buonisti

 

E ti pareva se, ancora un volta, non si assisteva al trionfo del buonismo-coglionismo da legulei in materia di delinquenti stranieri ed addirittura di jihadisti. Quindi terroristi islamici, non ladri di ciliegie al mercato. Il Consiglio degli Stati ha infatti definitivamente trombato la mozione del consigliere nazionale PPD Marco Romano (accettata, invece, dal Nazionale) che chiedeva il ritiro automatico del passaporto svizzero ai “foreign fighters” partiti per combattere la Jihad. L’obiettivo è quello di evitare, con certezza, il rientro in Svizzera di queste persone.

Al proposito un paio di considerazioni:

  • Il fatto che ci siano dei jihadisti (e non pochi) con la doppia cittadinanza dimostra che il regime delle naturalizzazioni facili è una realtĂ . Si regalano passaporti rossi a persone straniere che non sono affatto integrate. Sono anzi proprio la negazione dell’integrazione, trattandosi di terroristi islamici. Chi ha naturalizzato simili delinquenti? Forse qualche kompagno spalancatore di frontiere e fautore del multikulti?
  • Con le naturalizzazioni pressochĂ© automatiche dei giovani stranieri di terza generazione, il numero dei jihadisti in possesso del passaporto svizzero aumenterĂ  ulteriormente. Nei paesi a noi vicini l’esperienza insegna che i terroristi islamici sono non di raro proprio i giovani stranieri di cosiddetta terza generazione (alcuni sociologi parlano di “generazione Allah”). I quali, contrariamente alla monumentale serie di fregnacce raccontate dalla partitocrazia prima della votazione dello scorso 12 febbraio, non sono affatto integrati per definizione.
  • Il passaporto svizzero va ritirato a chiunque sia partito per la jihad, anche se costui per delirio d’ipotesi dovesse avere rinunciato alla cittadinanza originaria in occasione della naturalizzazione. I miliziani dell’Isis sono pericolosi. In nessun caso devono rientrare in Svizzera. Senza il passaporto rischiano di rimanere apolidi? Chissenefrega! Sono partiti per andare ad ingrossare la fila del califfato; che restino dove hanno voluto andare.

Miliziani in casa

Ironia della sorte, la decisione degli Stati arriva proprio quando il Ticino scopre di avere in casa almeno un reclutatore dell’Isis. Trattasi come noto di un cittadino straniero (turco) naturalizzato. E, per la serie “ma tu guarda i casi della vita”, il kompagno Sergej Roic (non patrizio di Corticiasca) sul portale liberaTV aveva indicato proprio costui come un “esempio di integrazione”.

“Si può” non è “si fa”

Il Consiglio degli Stati ha respinto la mozione per il ritiro automatico del passaporto ai foreign fighters con doppia cittadinanza, indicando che tale operazione “è già possibile”. Di cose possibili ce ne sono tante. Ma questo ancora non vuol dire che vengano anche fatte. Anzi. Ed infatti nei tribunali, a partire del TF, i legulei spalancatori di frontiere si arrampicano sui vetri alla ricerca di scuse per non espellere nessuno. Il Consiglio federale, dal canto suo, ha confermato la madre di tutte le fregnacce: un terrorista islamico non può essere rimandato nel paese d’origine se lì rischierebbe la vita. Quindi ce lo teniamo in casa, in attesa che commetta un attentato, mietendo magari centinaia di vittime. Per non mettere in pericolo un criminale straniero si preferisce mettere in pericolo tanti cittadini onesti. In Svizzera devono entrare, e devono rimanere tutti!

Questo è il risultato del buonismo-coglionismo imperante. In simili circostanze, aspettarsi che ai foreign fighter con doppia nazionalità venga sistematicamente ritirato il passaporto per impedirne il rientro in Svizzera, vuol dire credere a Gesù bambino.

No al rientro

Ed infatti ad inizio settimana si è saputo del caso del jihadista di origini bosniache partito da Losanna alla volta dell’Irqa per combattere per il califfato. Il bravo giovane straniero perfettamente integrato vorrebbe ora rientrare in Svizzera per presunti motivi di salute. Questo personaggio, riconosciuto come pericoloso dall’intelligence, potrebbe dunque un domani tornare nel nostro Paese. E magari addirittura farsi curare a spese del contribuente. Dopodiché, tanto per non farsi mancare niente, potrebbe andare a carico dell’assistenza. O magari, perché no?, ricevere anche una rendita AI più prestazione complementare. Finanziata sempre dal contribuente.

Ma anche nel caso in cui il jihadista dovesse rientrare in Svizzera e venire incarcerato, la pillola a carico del contribuente sarebbe bella sostanziosa, visto che una giornata di detenzione costa sui 400 Fr al mese.  E le nostre prigioni, ormai l’hanno capito anche i paracarri, sono “a 5 stelle”. Ricordiamo la notizia della scorsa settimana a proposito del delinquente spagnolo che non ne vuole sapere di uscire di prigione perché “è come un albergo di lusso”. No, i terroristi stranieri (o svizzeri di carta) partiti dal nostro Paese per combattere per il califfato, in Svizzera non ci devono più poter tornare. Nemmeno come detenuti (e nümm a pagum). Il carcere lo scontano semmai nel paese dove hanno scelto di andare a combattere.