Le orecchie sono ben ritte
La scorsa settimana in occasione del pomeriggio “obiettivo turismo” tenutosi al Palazzo dei congressi di Lugano si è parlato anche della riforma della legge sul turismo, attualmente in corso d’opera.
La legge in questione deciderà la futura suddivisione di risorse e competenze nell’ambito turistico. Di conseguenza, essa avrà un ruolo determinante per il futuro del settore in Ticino. Non ci si può permettere di sbagliare.
Fermo restando che a parlare dovrà essere il progetto di legge che verrà partorito dal governo, quanto al proposito si è sentito ad Obiettivo turismo non convince.
Come noto, la riforma della legge si era avviata su un cammino “pericoloso” e centralizzatore; poi i due principali enti turistici cantonali, quello del Luganese e del Locarnese, hanno dato l’alt.
L’alt, segnalato con un gesto simbolicamente forte (il ritiro delle candidature dei rispettivi presidenti in occasione dell’assemblea di Ticino turismo) non era un semplice petardo fine a se stesso. E nemmeno la manifestazione di un malumore temporaneo che potesse rientrare con quattro moine. Non era, insomma, una di quelle frequenti polemiche cantonticinesi che poi finiscono a tarallucci e vino, magari con l’aiuto di qualche cadreghino collocato sotto le natiche “giuste”. Non si trattava di fuoco di artificio estivo. Ed infatti, come promesso, dalle rive del Ceresio la controproposta è arrivata puntuale.
La tattica adottata al proposito a Bellinzona, e ben lo si è visto e sentito ad Obiettivo turismo, è sempre quella del tout va bien, madame la marquise. All’inizio si diceva: “In Ticino queste cose si sistemano” nella convinzione di avere a che fare solo con una boutade da parte dei due enti principali. Quando ci si è resi conto che non era così, la strategia è cambiata ora si dice: “ma dov’è il problema? In fondo la proposta cantonale e quella luganese, condivisa dall’ente locarnese, si coprono”. Tale era il messaggio veicolato da un comunicato stampa del DFE subito dopo la presentazione del documento luganese. La direttrice del DFE a Obiettivo Turismo nel suo intervento ha riletto quel comunicato.
In realtà non è vero che le proposte si coprono perché le intenzioni iniziali del Cantone e di Ticino turismo erano ben altre. Con orrore nella capitale ci si è accorti che i due enti principali avevano convinto delle loro tesi anche la maggioranza degli operatori sul territorio, i quali peraltro devono avere un ruolo determinante nella creazione del prodotto turistico. Occorreva pertanto adeguarsi, rinnegare il passato e salire sul carro.
Tuttavia la partita su cui si giocherà il futuro del settore turistico è ben lungi dall’essere decisa. Ed è ovvio che una sbagliata ripartizione di risorse e competenze avrebbe esiti fatali, non essendo più possibile contare sul turista che arriva “in automatico”: oggi il nostro territorio si trova in concorrenza con il mondo intero, e le vacanze da noi hanno in più l’handicap di non essere proprio “low cost”. E allora, per far scegliere al turista le destinazioni ticinesi, bisogna fornire dei validi argomenti.
Il turismo è un’azienda, che deve portare risultati e che deve muoversi in base a criteri di efficacia e di efficienza. Non può più essere terreno di spartizione su criteri politici.
Di questa “rivoluzione” (la definizione è del Corriere del Ticino) il DFE parla il meno possibile, idem Ticino turismo: si vorrebbe dare l’impressione che non stia accadendo nulla di particolare.
Non potendo sminuire la “rivoluzione” con la teoria del fuoco di paglia in quanto smentita dai fatti, si è passati alla tesi del malinteso; ossia del “ma in fondo eravamo d’accordo fin dall’inizio, solo che non ci siamo capiti”. Chi ha visto il “dietro le quinte” sa bene che non è affatto così e che sulle rive del Ceresio, come pure su quelle del Lago Maggiore, la vigilanza è massima e le orecchie ben ritte.
Lorenzo Quadri