Come mai in Ticino ne sono arrivati così tanti? E la ro$$a Romandia non fa i compiti

Il fenomeno è manifesto, come scrivevamo già domenica scorsa. Nelle prime fasi dell’invasione russa dell’Ucraina i ticinesi (e gli svizzeri in generale) hanno dimostrato grandissima solidarietà. Ma era facile prevedere che la fiammata non sarebbe durata.

Oggi sempre più ticinesi hanno la consapevolezza 1) che la barca è piena e 2) che i furbetti non mancano. Vengono inoltre segnalati episodi di arroganza e di maleducazione da parte dei profughi e questo ha – ovviamente – un effetto deleterio sulla disposizione all’accoglienza.

L’ente pubblico, l’abbiamo detto fin dall’inizio, ci ha messo del suo per indispettire i cittadini, con iniziative “a sbalzo” quali l’abbonamento generale (AG) per il trasporto pubblico in regalo. I profughi ucraini non ne hanno bisogno: parecchi di loro dispongono di un parco veicoli che la grande maggioranza dei ticinesi si può solo sognare. Inoltre, non sono qui per scorrazzare per tutta la Svizzera in treno bus battello.

Per contro, ai nostri anziani l’abbonamento generale non viene certo offerto. Ancora peggio: mentre la comunità tariffale regala (con i soldi degli altri utenti) gli AG ai profughi ucraini, entro la fine del 2023 sopprimerà le carte giornaliere per il treno, particolarmente utilizzate proprio dai “noss vecc”. E poi qualcuno si immagina che la gente non si scocci?

Cominciano inoltre ad arrivare le segnalazioni riguardanti cittadini ucraini presenti abusivamente in Ticino (per una durata ben superiore a quella di un permesso turistico) già prima della guerra, e che lavoravano in nero. Adesso chiedono lo statuto S e si regolarizzano.

Dati nazionali ed internazionali

I dati sulla distribuzione dei profughi parlano chiaro: il Ticino, assieme ad un paio di altri Cantoni, ne ha accolti molti di più di quanto avrebbero previsto le chiavi di riparto. Per contro, la ro$$a Romandia è ben al di sotto; a partire proprio dall’ “apertissima” Ginevra. Come mai?
Anche dal confronto internazionale emerge in modo plateale che la Svizzera ha già dato.  Con 8,6 milioni di abitanti ospita oltre 43mila profughi ucraini (che vanno ad aggiungersi a tutti gli altri migranti, a partire dai finti rifugiati che non scappano da nessuna guerra, i quali mica sono stati rimandati a casa loro)!

L’Italia con 60 milioni di abitanti ne ha accolti meno di 50mila, idem la Francia che di abitanti ne ha 67 milioni. La sproporzione è evidente. Non va bene. Francia e Italia sono paesi NATO e la NATO prolunga la guerra con l’obiettivo di indebolire la Russia. Le spese di simili “tatticismi” non le deve fare la Svizzera. La quale ha rottamato la storica neutralità, mettendo in pericolo la propria sicurezza ed il proprio futuro, per accodarsi alle sanzioni della fallita UE. Con quale risultato? E’ confermato che le sanzioni non mettono fine alla guerra. Quindi il governicchio federale farà bene a levarle.

Il ruolo delle associazioni

La presenza esagerata di profughi ucraini in Ticino è dovuta al collocamento “privato” ad opera di associazioni di connazionali residenti qui. Questa modalità era pensabile nei primi giorni del conflitto, quando i canali ufficiali non erano ancora operativi e quando si pensava che la guerra sarebbe durata qualche giorno, o al massimo  un paio di settimane. Oggi lo scenario è molto diverso. I canali ufficiali sono attivi. Di guerre ce ne sono, ahinoi, in varie parti del mondo; ma se qualcuno immaginasse di portare privatamente in Ticino dei rifugiati siriani avrebbe buone chance di finire davanti al Procuratore pubblico.

Le associazioni private ben volentieri raccolgano vestiti, medicinali, generi alimentari e quant’altro possa essere utile da inviare in Ucraina o nei campi profughi dei paesi confinanti. Ma lo Stato deve loro impedire di far arrivare altre persone in Ticino. Il nostro Cantone – per i motivi esposti più volte – non è in grado di farsi carico di un numero così importante di profughi per lungo tempo. La bomba demografica è dietro l’angolo. Chi pensate che dovrà finanziare le prestazioni assistenziali (compresa magari la necessità di assumere assistenti sociali “ad hoc”, come sogna di fare qualche politichetto statalista), i costi medici, quelli di scolarizzazione, eccetera? Il contribuente, ovvio.

Non è turismo

Quando i privati ticinesi che attualmente ospitano profughi daranno forfait, l’ente pubblico dovrà collocare questi asilanti in altri Cantoni o – tramite cooperazione internazionale – in altre nazioni. L’obiettivo è dare a queste persone un tetto in un posto sicuro. Non alloggiarle dove esse gradirebbero stare. Non siamo un’agenzia turistica.

Quando i rifugiati presenti in Ticino e non ancora ufficialmente annunciati, e c’è motivo di credere che ce ne siano parecchi, chiederanno il permesso S, andranno poi attribuiti ad altri Cantoni; ad esempio alla Romandia, dove gli spalancatori di frontiere ro$$overdi non stanno facendo la propria parte.

Morale della favola

O si trova il modo di riportare la situazione, ed in particolare quella ticinese, entro i binari dell’accettabilità, oppure la solidarietà iniziale della popolazione si trasformerà ben presto nel contrario. Ad andarci di mezzo saranno poi i veri bisognosi.

La scorsa settimana il Mattino ha portato l’esempio della Turchia con i profughi siriani: prima accolti con tutti gli onori e adesso visti come fumo negli occhi. Un precedente che dovrebbe insegnare qualcosa.

Lorenzo Quadri