Dallo scoppio della guerra in Ucraina sempre più banche centrali si sono mosse 

La Lega lo chiede da tempo. Lo scorso maggio la partitocrazia in Consiglio nazionale ha detto njet alla mozione di chi scrive. Ma due mesi dopo, ad inizio luglio, è spuntato un rapporto…

E’ da quasi 9 anni che le riserve auree della Banca nazionale svizzera (BNS) non sono più oggetto di una discussione politica su larga scala. Da quando, cioè, il 30 novembre 2014 i cittadini furono chiamati ad esprimersi sull’iniziativa popolare “Salvate il nostro oro”. Essa, tra le altre cose, chiedeva di rimpatriare l’oro della BNS che si trova depositato all’estero. L’iniziativa, sostenuta dalla Lega e dal Mattino, venne però respinta.

La BNS, con 1040 tonnellate d’oro, dispone di una delle riserve di metallo giallo più pingui del pianeta.

Fino a qualche anno fa, la metà di questo tesoretto (tesorone) era depositata all’estero – il governicchio federale non ha mai voluto dire dove –  mentre l’altra metà si trovava in patria. 

Nel recente passato qualcosa è cambiato. Dal rapporto di gestione 2021 della BNS si evince infatti che, delle citate 1040 tonnellate d’oro, il 70% circa è detenuto in Svizzera, il 20% è custodito presso la Bank of England e il 10 per cento presso la Bank of Canada. 

Il risultato dell’indagine

Nel maggio del 2022, per il tramite di chi scrive, la Lega ha presentato una mozione al governicchio federale con la richiesta di rimpatriare tutto l’oro della BNS. Inutile dire che in Consiglio nazionale la partitocrazia, allineandosi al CF, ha respinto compatta la mozione, con 140 No e 53 Sì: ciò è avvenuto nel maggio di quest’anno.

Passano due mesi e il 10 luglio scorso l’agenzia Reuters batte la seguente notizia: “Un crescente numero di paesi sta rimpatriando le proprie riserve auree a seguito delle sanzioni imposte alla Russia dall’Occidente”.

Il risultato emerge da un’indagine annuale dell’“Invesco Global Sovereign Asset Management Study”. Da essa risulta che, se a fine 2020 a conservare le riserve auree in patria era il 50% delle banche centrali, a fine 2022 la quota era salita al 68%. Quasi il 20% in più in due anni; non proprio noccioline. E c’è da ritenere che nel frattempo la percentuale sia ulteriormente cresciuta.

Una banca centrale anonima, citata sempre da Reuters, afferma: “Avevamo depositato l’oro a Londra, ma adesso lo abbiamo rimpatriato per tenerlo il più possibile al sicuro”. Il dirigente di Invesco Rod Ringrow ha dal canto suo dichiarato: “Da un anno a questa parte sentiamo il mantra seguente: è il mio oro, e lo voglio nel mio paese”.  

In ostaggio

Ma guarda un po’: allora la mozione leghista sul rimpatrio delle riserve auree non era “fuori a sbalzo”! 

La Gran Bretagna, come appare sopra, è depositaria di ingenti quantitativi di “oro sovrano” di proprietà di altri Stati. Tra questi anche la Confederella. Il fuggi-fuggi da Londra non è dovuto ad un maggior rischio di rapine ai danni dei caveau britannici, ma alla situazione internazionale. Ed in particolare alle sanzioni boomerang che l’Occidente  ha decretato contro la Russia (NB: Due terzi del mondo, tra cui 9 paesi del G20, non hanno emesso alcuna sanzione contro Mosca). 

640 miliardi di dollari di riserve della Banca nazionale russa, sia sottoforma di oro che in valuta estera, sono stati bloccati in giro per il mondo. E’ la dimostrazione – non ci voleva un premio Nobel per l’economia per arrivarci – che depositare l’oro della Nazione in Stati esteri equivale a lasciarlo in balìa di governi stranieri.

Se partisse l’ordine…

Sappiamo che la Gran Bretagna è uno dei principali alleati degli USA nella guerra contro la Russia. Ed è noto che gli yankees, dall’invasione dell’Ucraina, continuano ricattare la Svizzera e ad attaccarne la neutralità: basti pensare alle sbroccate dell’improponibile ambasciatore a Berna Scott Miller. Lorsignori vorrebbero che la Confederella autorizzasse la riesportazione di materiale bellico verso l’Ucraina, ma soprattutto che confiscasse, ossia RUBASSE, i soldi dei cosiddetti “oligarchi russi” attualmente bloccati nelle nostre banche. Una simile iniziativa sarebbe illegale ed anticostituzionale. Ma gli yankees se ne fregano. Non c’è alcuna garanzia che un domani, come mezzo di ricatto su Berna, gli States ordinassero ai vassalli britannici e canadesi di bloccare le riserve auree della BNS. 

Rischio reale

Ecco quindi che il rimpatrio dei lingotti si fa più urgente: nell’attuale situazione geopolitica, con la nostra neutralità sempre più bersaglio di attacchi squallidi e vili,  lasciarli alla mercé di paesi esteri rappresenta un rischio reale; non più solo teorico, come poteva apparire fino al recente passato. Il dato citato sopra – ossia l’impennata del numero di banche centrali che per motivi di sicurezza dopo lo scoppio della guerra in Ucraina conservano le riserve auree in patria – lo conferma. E’ quindi ora che il governicchio federale riporti a casa i nostri lingotti. Proprio come la Lega chiede da tempo!

Lorenzo Quadri