Negli incontri a Roma “in amicizia” ci si dimentica delle legittime rivendicazioni elvetiche e tutto finisce a tarallucci e vino, con gli svizzerotti fatti fessi dalla controparte per l’ennesima volta
Ma guarda un po’. Aumentano i frontalieri, a danno dei residenti che non trovano più un impiego nemmeno a piangere in cinese, e di conseguenza aumentano anche i soldini che versiamo alla vicina ed ex amica Penisola sottoforma di ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri. Per il 2012 si tratta di quasi 59 milioni di Fr. 59 milioni che – come ripetuto a più riprese da queste colonne – versiamo senza che ce ne sia necessità alcuna, dal momento che i presupposti che stavano alla base al famigerato accordo del 1974 non sono più dati da un pezzo.
Parlare di clima di cordiale amicizia è oltretutto “leggermente” irritante, diciamo pure una vera e propria presa per i fondelli.
La Svizzera, a seguito dei rimasugli del segreto bancario, rimane iscritta sulle black list italiane illegali, e già solo questo fatto basterebbe per bloccare sine die il versamento dei ristorni, altro che “clima di cordiale amicizia”.
In ballo c’è la revisione dell’imposizione dei frontalieri, che deve essere fatta in modo da 1) scoraggiare il frontalierato e 2) lasciare molti più soldi in Ticino. Nell’incontro-scampagnata in quel di Roma, svoltosi in un clima di “cordiale amicizia”, se ne è parlato? Tutto lascia supporre di no. Gli svizzerotti, al solito, sono d’accordo di pagare senza alcuna contropartita. Perché bisogna rispettare pedissequamente gli accordi internazionali, anche se ormai privi di oggetto e contrari ai nostri interessi.
Inoltre, nei giorni scorsi la vicina Penisola è tornata all’assalto della piazza finanziaria ticinese. Varie fonti, ovviamente orchestrate, si sono messe a strombazzare la fine del segreto bancario svizzero con l’intenzione di creare panico tra i cittadini italiani titolari di conti nelle banche elvetiche. Obiettivo: spingerli a rimpatriare i soldi. Partenza di capitali dalla piazza finanziaria ticinese vuol dire licenziamenti.
Altro che “cordiale amicizia”! E non dimentichiamoci neppure che l’Italia fomenta l’invasione del Ticino da parte di frontalieri e padroncini, sfruttando il nostro Cantone come valvola di sfogo per la sua situazione occupazionale disastrata.
Infrastrutture
E come la mettiamo con i lavori infrastrutturali? Sulla reale ripresa del cantiere della famigerata Stabio-Arcisate, nessuno scommetterebbe un soldo bucato. Sul proseguimento a sud di AlpTransit, nemmeno.
Ricordiamoci poi che, con il corridoio ferroviario di 4 metri (innalzamento dei tunnel affinché possano transitare i treni che trasportano container dimensionati secondo gli standard UE) la Svizzera dovrà finanziare di tasca propria i lavori sulla tratta italiana dell’asse del Gottardo. Si parla di un costo di 230 milioni, su un totale di 940. Al proposito, in parlamento ci si sta avvoltolando sull’interrogativo a sapere se questi 230 milioni debbano essere un prestito o un contributo a fondo perso, quando anche i paracarri hanno ormai capito che in ogni caso questi soldi, se li paghiamo (e se non vogliamo il fallimento di AlpTransit dovremo farlo) non li rivedremo mai più.
E’ però chiaro che questi 230 milioni, visto che non ritorneranno mai all’ovile, dovremo compensarli in altro modo. Una via è tramite il blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri.
Ristorni da bloccare
Una cosa è certa: alla faccia del presunto clima di “cordiale amicizia”, di problemi con l’Italia non se ne è risolto nemmeno uno. Siamo quindi ancora nella medesima situazione del 2011 quando si decise il blocco del 50% dei ristorni dei frontalieri. Ci sarebbero dunque tutte le premesse per fare la stessa cosa. Che il DFE nel suo comunicato parli di “cordiale amicizia” dà la sgradevolissima impressione che qualcuno, o qualcuna, ai vertici del Dipartimento, non abbia le idee molto in chiaro.
Lorenzo Quadri