E’ evidente: sui nuovi accordi fiscali con l’Italia verrà schiacciato il tasto reset

Ma guarda un po’: il  neogovernatore della regione Lombardia Attilio Fontana (Lega) in un’intervista al portale Ticinonews ha affermato in sostanza che gli accordi tra Svizzera e Vicina Penisola sulla fiscalità dei frontalieri sono da rifare. Evidentemente il tasto “reset” di questi tempi va di moda. Con la differenza che certamente il nuovo governo italico lo schiaccerà sugli accordi con gli svizzerotti sulla fiscalità dei frontalieri, mentre KrankenCassis nei rapporti con l’UE sta seguendo la linea del suo predecessore, l’euroturbo Burkhaltèèèèr (altro che tasto reset).

Si sa da anni

Che i nuovi accordi fiscali non piacessero ai frontalieri ed ai loro rappresentanti non è certo una sorpresa. Lo si sa da anni. E ci mancherebbe che non fosse così: i frontalieri sono attualmente dei privilegiati fiscali rispetto agli italiani che vivono e lavorano in Italia. Questo privilegio non ha nessuna giustificazione: qualche politicante d’oltreconfine ha tentato di motivarlo, ma il massimo che è riuscito a produrre è stata una pietosa arrampicata sui vetri. Ovvio quindi che chi ne beneficia non voglia rinunciare al privilegio.

I ristorni destinati a sparire

Senza contare che i  nuovi accordi non prevedono più i ristorni, che i comuni beneficiari attualmente utilizzano – lo ammettono candidamente anche i diretti interessati – non certo per le famose opere infrastrutturali di interesse transfrontaliero, ma per tappare i buchi nella gestione corrente. E le opere di interesse comune non vengono fatte. Se i ticinesotti le vogliono, devono pagarle loro; anche quelle su suolo italiano!

Inutile dire che la commissione italo-svizzera che dovrebbe controllare l’utilizzo dei ristorni è dispersa nelle nebbie.

Del  fatto poi che a guadagnare di più  – ma tanto di più! –  dai nuovi accordi fiscali sarebbe l’Italia, abbiamo già detto più volte e non ci torniamo nemmeno più sopra. L’Italia dal nuovo accordo guadagnerebbe centinaia di milioni di euro ogni anno. Non ci pare che sia nella condizione di potersi permettere di sputarci sopra. Ma tant’è…

Quale interesse?

Questo detto, i nuovi accordi non sono di particolare interesse per il Ticino. Il guadagno fiscale, ammesso che ci sarà, ammonterà per noi al massimo ad una dozzina di milioni all’anno; ma potrebbe anche essere pari a zero. L’unico vantaggio del “nuovo regime” sarebbe che, dovendo pagare più imposte, i frontalieri non potrebbero più permettersi di accettare certi salari clamorosamente bassi. Ci sarebbe quindi (forse) un certo effetto antidumping. I benefici sono dunque alquanto limitati. Mentre gli svantaggi sono plateali: con il nuovo accordo verrebbero a sparire i ristorni, ossia uno dei mezzi di pressione più potenti di cui dispone il nostro Cantone nei confronti dei vicini a sud.

Lontanissimi dall’obiettivo

L’abbiamo detto e scritto fin dall’inizio: il nuovo accordo sui frontalieri è interessante per il Ticino se porta indotti fiscali pari agli attuali con l’aggiunta di quanto ristorniamo all’Italia. Questo era l’obiettivo iniziale, peraltro approvato anche a livello federale dal momento che, nella scorsa legislatura, il Consiglio nazionale votò a larga maggioranza un postulato di chi scrive che andava proprio nella direzione indicata.

Tuttavia questo obiettivo è lontanissimo. Sicché l’accordo attualmente sul tavolo, morto e sepolto perché l’Italia non lo vuole (non l’ha mai voluto) non è interessante nemmeno per noi. E’ una mezza ciofeca. Quindi, se viene fatta tabula rasa, non piangiamo di certo.

Che l’Italia azzeri pure tutto. Nel frattempo però, finché non ci sarà una nuova regolamentazione, smettiamo di versare i ristorni e ce li teniamo noi. Perché la convenzione del 1974, su cui essi si basano, è obsoleta e non ha più ragione di essere. L’Italia non ha un governo e non ce l’avrà per un pezzo. Il nuovo esecutivo getterà nel cestino gli impegni presi dai predecessori. Per anni ed anni, di nuovi accordi sulla fiscalità dei frontalieri non se ne vedranno. Per cui, cosa aspetta il Consiglio di Stato a bloccare i ristorni?

Negli scorsi anni, malgrado vari tentativi in questo senso da parte dei due Consiglieri di Stato leghisti, non si è mai trovato un terzo “ministro” che si schierasse a favore del blocco dei ristorni, di modo da ottenere una maggioranza. Adesso, con gli accordi fiscali con il Belpaese ufficialmente defunti, c’è da sperare che il terzo si troverà! O la partitocrazia è sempre compatta nel calare le braghe quando c’è da difendere gli interessi del Ticino?

Lorenzo Quadri