Da un paio di settimane l’ex partitone ha acceso la fotocopiatrice Xerox, ripresentando iniziative sui ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri fotocopiate da quelle che la Lega inoltrava già 7 anni fa.

In sostanza la richiesta a Berna è quella di disdire il famigerato accordo del 1974. Un accordo sottoscritto quando l’Italia non aveva la possibilità di tassare i frontalieri, e quando sia la devastante libera circolazione delle persone che la guerra economica contro il segreto bancario svizzero erano ancora al di là da venire.

Da notare che l’accordo del 1974 non fu certo voluto dal Ticino. Lo volle il Consiglio federale per dare un contentino all’Italia: noi ti versiamo una fetta delle imposte dei frontalieri ma tu convivi col nostro segreto bancario. I benefici del trattato (riconoscimento del segreto bancario) andarono a tutta la Svizzera. Il prezzo, invece, lo pagò per intero il nostro Cantone. Al proposito deputati ticinesi chiesero una compensazione; il Consiglio federale si impegnò a provvedere. Salvo poi rimangiarsi clamorosamente la parola data e, da allora in poi, rispondere njet su tutta la linea ad ogni richiesta di rispettare gli impegni nei confronti del Ticino.

Nessuna ragione di esistere

Oggi le condizioni che giustificavano l’esistenza dell’accordo sui ristorni dei frontalieri non sono più date. Dopo 40 anni, nemmeno c’è da stupirsene più di tanto. Basti pensare che nel frattempo è crollato un mondo: è arrivata la devastante libera circolazione delle persone ed il segreto bancario elvetico è attaccato da ogni parte. La ministra del 5%, invece di tutelarlo, declama a gran voce la propria voglia matta di sbarazzarsene, per ottenere le lodi dell’UE  – che evidentemente le stanno ben più a cuore del futuro della Svizzera.

Quindi anche gli accordi sui ristorni non hanno più ragione di esistere. Ed infatti da anni ormai sono in corso trattative al proposito. Non è un mistero che l’unico, modesto vantaggio che il nostro Cantone potrebbe ricavare da accordi con la vicina Penisola sullo scambio di informazioni bancarie è una regolamentazione più favorevole dei ristorni fiscali dei frontalieri. Che è, parliamoci chiaro, una ben magra consolazione a fronte dell’ecatombe di posti di lavoro e di entrate fiscali che provocherebbe un accordo con la Penisola.

Squallidi motivi

Ebbene, anche la magra consolazione di un accordo sensato sui ristorni delle imposte alla fonte si sta sciogliendo come neve al sole. L’Italia non vuole rivedere i trattati del 1974 per non penalizzare i frontalieri. Ciò malgrado questi ultimi siano, nel quadro attuale, sfacciatamente privilegiati  dal loro Paese rispetto agli italiani che lavorano in patria per quel che riguarda il prelievo fiscale. Una situazione che grida vendetta e che nessuno Stato potrebbe accettare (nessuno tranne uno, evidentemente); una disparità di trattamento scandalosa tra italiani che avviene col benestare del governo italiano. Il quale la tollera per un motivo molto semplice – e squallido. I frontalieri votano. La compagine politica che aumenterà le imposte dei frontalieri non riceverà dunque i loro voti. E quindi potrebbe perdere le elezioni. Così, per puro tornaconto elettorale, il governo italiano rinuncia ad incassare centinaia di milioni di imposte, di cui avrebbe bisogno come del pane. Ed infatti se i frontalieri venissero tassati come gli Italiani che lavorano in patria, come sarebbe giusto che accadesse, e se la Svizzera – quindi il Ticino – trattenesse per sé la quota parte equivalente alle imposte elvetiche, le entrate fiscali italiane lieviterebbero.

Se dunque si vuole che l’accordo sui ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri salti come è doveroso che accada, deve essere la Svizzera a disdirlo. Ma la ministra del 5% se la fa sotto al solo pensiero. Lasciandola fare, calerà le braghe anche con l’Italia distruggendo la piazza finanziaria ticinese e rinunciando ad ogni contropartita a vantaggio del Cantone. Ecco perché la battaglia per far saltare l’accordo del 1974 è tornata in auge di questi tempi.  A dimostrazione che la Lega, ancora una volta, aveva visto giusto. E prima degli altri.

Lorenzo Quadri