Il microblocco di 3.8 milioni è una misura del tutto irrisoria: nessuno ha fatto un piega
Come ci si poteva ampiamente attendere, grazie al triciclo PLR-PPD-P$$ anche quest’anno il governicchio cantonale ha versato giulivo i ristorni dei frontalieri. Il cambiamento di cavallo in casa uregiatta non ha portato alcun risultato (non che ci si attendesse alcunché, ma la speranza è l’ultima a morire: adesso è defunta).
Giù le braghe ad altezza caviglia, e non per il caldo!
Nemmeno gli italici si capacitano
Il tesoretto che ogni anno varca la ramina “come se niente fudesse” ha ormai superato quota 84 milioni di franchetti. Il bello è che perfino i vicini a sud non si capacitano del fatto che, date le circostanze, i ticinesotti continuino a pagare. Ringraziare il triciclo!
Nei giorni precedenti la decisione sui ristorni, sulla stampa del Belpaese era stato paventato che il Ticino, stufo di farsi prendere per i fondelli, perdesse la pazienza e si servisse dell’unica arma che ha a disposizione. Ovvero il blocco dei ristorni. Invece, nulla, se non il miniblocco per i debiti di Campione (3.8 milioni): una misura talmente irrisoria da venire votata all’unanimità, e che è stata subito benedetta anche dalle autorità lombarde. Anche perché intanto l’erogazione di servizi all’enclave “per solidarietà” (gratis et amore dei)continua, sicché il debito cresce. Come mai questa “solidarietà” le nostre istituzioni la manifestano solo all’estero, mentre ai ticinesi in difficoltà si risponde che devono tirare la cinghia?
Disoccupati di Campione
Tanto per gradire, ricordiamo pure che i disoccupati di Campione residenti in Ticino (due terzi con permesso B) non solo beneficiano della rendita di disoccupazione elvetica malgrado non abbiano mai versato i contributi (ciò a seguito dell’ennesimo accordo internazionale del piffero); ma in disoccupazione guadagnano più di quando lavoravano! Miracoli della composizione degli stipendi dei dipendenti dell’enclave e dei diversi trattamenti fiscali…
Si leccano le dita
Al di là della ramina, dunque, davanti al microblocco su Campione non fanno una piega. Sono troppo occupati a leccarsi le dita per il versamento degli oltre 80 milioni restanti. E a ridersela a bocca larga degli svizzerotti fessi che continuano a pagare. In effetti, hanno ragione a ridere. A parti invertite, l’Italia avrebbe sigillato i rubinetti da anni!
Visto che la figura da bischeri rimediata pagando anche quest’anno non era ancora sufficiente, il direttore del DFE Christian Vitta (PLR) ha pensato bene di rincarare la dose correndo a spiegare pubblicamente (come se ce ne fosse bisogno) che il miniblocco di 3.8 milioni è legato soltanto alla situazione debitoria di Campione, non è in alcun modo una reazione al fatto che il Belpaese ci prende per il lato B da anni, anzi, a noi farci menare per il naso piace da matti!
Nessun problema, signor Consigliere di Stato: che la maggioranza PLR-PPD-P$$, telecomandata dai rispettivi partiti nazionali, sia incapace di qualsiasi tipo di reazione è chiaro a tutti da un pezzo. Da entrambi i lati della ramina.
Questioni in ballo
E’ forse il caso di ricordare che con la vicina Repubblica non abbiamo in ballo solo l’accordo sui frontalieri, ma anche altre questioncelle: ad esempio l’inserimento del nostro Paese in liste grigie illegali, l’accesso degli operatori svizzeri ai mercati finanziari italici, le opere infrastrutturali di interesse transfrontaliero non realizzate, gli strilli contro la chiusura notturna dei valichi secondari, mentre la famosa “road map” (?) è finita da tempo ad intasare lo sciacquone del water. Gli svizzerotti hanno calato le braghe in tempo di record sul segreto bancario dei clienti esteri della piazza finanziaria, grazie alla catastrofica ex ministra del 5% Widmer Schlumpf ed alla partitocrazia PLR-PPD-P$$ che l’ha appoggiata. Ne è seguita un’ecatombe occupazionale ed economica per il Ticino. Dai $indakati, ovviamente, nemmeno un cip. Niente di strano, essendo questi ultimi sempre più collusi con i partiti di riferimento, oltre che farciti di politicanti-sindacalisti: e quindi la missione diventa reggere la coda alle politiche di detti partiti. I quali sono, ma guarda un po’, i reggicoda dello smantellamento della piazza finanziaria ticinese.
Il Belpaese intanto ha ottenuto quel che voleva da noi, e quindi ha fatto cippelimerli agli svizzerotti.
Desolante
Sentire la maggioranza del governicchio che ancora si sciacqua la bocca con la rapida ratifica dell’accordo del 2015, e per di più dopo aver pagato i ristorni, è desolante. L’ha capito anche il Gigi di Viganello che quell’accordo è morto e sepolto, perché l’Italia non lo vuole. E non è questione di Salvini o non Salvini. Nemmeno i governi precedenti lo volevano. Il ministro degli esteri italiano Moavero aveva promesso a gennaio al suo connazionale KrankenCassis – che naturalmente se l’è bevuta – una presa di posizione di Roma entro la primavera. Chiaramente non è arrivato nulla. E così si andrà avanti.
Il gioco dei vicini a Sud
Ed è scontato che il Belpaese non dirà esplicitamente No all’accordo, il che potrebbe in teoria dare il via libera ufficiale a misure unilaterali elvetiche (che i pavidi politicanti del triciclo mai prenderanno, ma questo è un altro discorso). L’Italia manterrà l’accordo nel limbo, imboscato in un cassetto, rimpallato da un funzionarietto all’altro: tanto basta per tener buoni quei ciula dei rossocrociati. Se la maggioranza del Consiglio di Stato avesse voluto che accadesse qualcosa sui vari dossier aperti con la Penisola (non solo sulla fiscalità dei frontalieri) avrebbe bloccato i ristorni. Pagare significa scegliere consapevolmente di perpetrare lo stallo. Quindi fare il gioco dei vicini a sud.
Intanto il Lussemburgo, Stato fondatore dell’UE, non versa un centesimo di ristorni per i frontalieri attivi sul proprio territorio.
Lorenzo Quadri