Secondo il sottosegretario dell’Economia e delle Finanze del governo italiano non eletto Vieri Ceriani, l’accordo sull’imposizione dei frontalieri del 1974 costituirebbe “una questione non collegata né collegabile ai negoziati fiscali”.
Uscirsene con simili dichiarazioni significa, semplicemente, raccontare panzane.
L’accordo del 1974, con il suo tasso di ristorno esorbitante (40%, graziosamente ridotto al 38.8% una decina di anni dopo a seguito della constatazione che un certo, ai tempi piccolo, numero frontalieri, malgrado gli obblighi, non rientravano quotidianamente al domicilio) è nato proprio come contropartita al segreto bancario: la Svizzera non fornisce informazioni all’Italia sui conti elvetici, ma le versa, a titolo di compensazione, una quota ingente ed inaudita dei ristorni. A pagare il prezzo di questo accordo è il Ticino al quale, ai tempi del dibattito alle Camere federali, era stato promesso un indennizzo da parte della Confederazione. Promessa che il Consiglio federale, però, si rimangiò in breve tempo.
I ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri, dunque, erano la contropartita per il riconoscimento del segreto bancario svizzero da parte dell’Italia. Altro che “questione non collegata e non collegabile”! Di conseguenza, visto che oggi la vicina ed ex amica Penisola non riconosce più la legittimità del nostro segreto bancario, ed il premier non eletto Mario Monti vuole lo scambio automatico d’informazioni, i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri non sono più dovuti. Più chiaro di così.
Da questo granitico punto di partenza si possono dipanare considerazioni collaterali di vario tipo. Ad esempio:
– poiché la Svizzera fa lavorare 55mila frontalieri italiani, è vergognoso che l’Italia inserisca il nostro paese sulle black list e si aspetti pure che le paghiamo i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri;
– I ristorni sono direttamente collegati al rientro quotidiano al domicilio dei frontalieri, come dimostra il leggero abbassamento del tasso di ristorno, a metà degli anni 80, proprio a seguito della constatazione che non tutti rientravano a domicilio. Tale obbligo d rientro è però decaduto con l’entrata in vigore della nefasta libera circolazione delle persone. Di conseguenza l’unico termine di paragone è l’accordo firmato con l’Austria nel 2006 che prevede ristorni del 12.5% e non certo del 38.8%!
La fregnaccia secondo la quale i ristorni non sarebbero “collegati né collegabili ai negoziati fiscali” è stata detta dal sottosegretario del governo non eletto alla Camera dei deputati, rispondendo ad un’interrogazione di Franco Narducci.
Fa almeno piacere che nella sua replica l’interrogante abbia dichiarato che «Visti i precedenti, si deve ritenere che con il perdurare del muro contro muro che caratterizza le relazioni tra Roma e Berna, nel mese di giugno, prossima scadenza per il ristorno fiscale, si arriverà al blocco totale dell’erogazione a favore dei Comuni italiani». A parte che Berna di fare muri, purtroppo, proprio non è capace: anche in Italia hanno capito che a giugno i ristorni delle imposte dei frontalieri verranno bloccati nella misura del 100%, e se lo aspettano. Non vorremmo mica deluderli?
Lorenzo Quadri