Si potrebbe dire che la decisone del Consiglio di Stato sui ristorni delle imposte dei frontalieri soddisfa a metà. Oppure, a voler essere più prosaici, che il governo ha calato le braghe per metà. Fatto sta che, come noto, con modalità rocambolesche – ritorno precipitoso di Beltraminelli dalle vacanze – il governo ticinese ha deciso a maggioranza (3 a 2) di bloccare la metà dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri, quale strumento di pressione nei confronti dell’Italia e soprattutto del ministro delle Finanze Tremonti.
Come ripetuto più volte, è dimostrato che il blocco dei ristorni costituisce uno strumento efficace di pressione nei confronti del Belpaese, ed è chiaro che il ministro delle Finanze del governo Berlusconi non capisce altro linguaggio. Tremonti sta conducendo una guerra personale contro la Svizzera. Non solo contro la nostra piazza finanziaria, ma anche contro la nostra economia in generale. Lo dimostrano le liste nere, assolutamente illegali, con cui il pittoresco ministro ha penalizzato il nostro paese (tra l’altro venendo pure ripreso dall’UE, per quel che può contare). Le mozioni votate in tempi recenti dalla Camera dei deputati italiana per la normalizzazione dei rapporti tra Svizzera ed Italia contano come il due di briscola: non saranno di sicuro questi atti parlamentari a cambiare la situazione. Da qui l’esigenza di ricorrere a mezzi ben più convincenti, e del resto la continua guerriglia antisvizzera da parte dell’uomo di Sondrio non poteva rimanere senza una reazione da parte nostra. E’ chiaro che Tremonti non ascolta ragioni da parte elvetica: e allora l’unica è farlo mettere sotto pressione “in casa”; vale a dire dai Comuni italiani della fascia di confine, rimasti senza una fetta importante di entrate.
Una misura “forte” era dovuta, tanto più che Tremonti ha dimostrato di non essere affatto equanime nei confronti dei vari segreti bancari; al contrario, ha dimostrato di essere forte con i deboli e debole con i forti. Da Singapore non esige affatto lo scambio automatico di informazioni, che invece pretende dalla Svizzera: e lo pretende perché, in Svizzera, con il Consiglio federale ha trovato il molle. A Berna sono così fuori dal mondo da pensare di poter trattare con l’Italia opponendo il solito pedissequo rispetto delle regole ed illudendosi che la controparte si senta moralmente obbligata a fare altrettanto. Vuol dire non aver capito nulla.
La decisione di bloccare almeno parte dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri ha se non altro dimostrato a Tremonti che la Svizzera non è sempre disposta a mandar giù tutto: che ad un certo punto anche il masochismo elvetico raggiunge il suo limite. La decisione governativa è anche una vittoria della Lega dei Ticinesi, dal momento che il nostro movimento predica ormai da anni il blocco dei ristorni. Ristorni che in ogni caso vanno rinegoziati, poiché l’attuale tasso del 38.8% non ha più alcuna giustificazione.
Ci si può comunque chiedere, a questo punto, perché il Consiglio di Stato abbia deciso di trattenere solo la metà dei ristorni. Già che si è fatto lo strappo, tanto valeva consumarlo interamente. La miniretromarcia è un segno di insicurezza che non può fare piacere. Non vorremmo infatti che preludesse altre retromarce dall’esito catastrofico.
Su una cosa infatti perfino a Berna sono in chiaro. Per la Confederazione, come noto, i ristorni non si dovevano bloccare. Ma, ha detto la diplomazia elvetica, se invece si decide di bloccarli, allora bisogna essere pronti ad andare fino in fondo. Speriamo a questo punto che a Bellinzona lo siano.
Lorenzo Quadri