Il caso Sollecito dimostra fino a che punto abbiamo sacrificato la nostra sovranità e la nostra sicurezza interna per correr dietro ad accordi bidone con gli eurobalivi; accordi imposti da Berna con la solita trita manfrina dell’”inevitabilità”

A Raffaele Sollecito, cittadino italiano sotto processo per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, è stato revocato il permesso B, che gli permetteva di risiedere in Ticino (a Lugano, per essere precisi).

La decisione della sezione della Popolazione è cresciuta in giudicato, sicché Sollecito – che ha già lasciato il Ticino – fuori dal paese è, e fuori resterà.
Tutto bene dunque? Non proprio. La Sezione della Popolazione ha fatto tempestivamente il proprio lavoro, e di questo bisogna ringraziare il direttore del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi. Tuttavia, si tratta di intervento a  posteriori. In sostanza, si rimedia al danno. Dopo che il danno è stato fatto.

Ancora una volta il problema sta a monte. Sta, per la serie “ma tu guarda i casi della vita”, in accordi internazionali bidone. Nel caso concreto, quelli di Schengen-Dublino.

In base a tali accordi, infatti, all’autorità elvetica non è più possibile chiedere sistematicamente l’estratto del casellario giudiziale ai cittadini UE che vogliono trasferirsi in Svizzera. Una chiara presa in giro, oltre che una plateale discriminazione a nostro danno. Infatti, a noi l’estratto del casellario giudiziale viene chiesto ogni tre per due, tra un po’ anche per ordinare un caffè al bar. Ai cittadini UE che vogliono abitare in Svizzera, no. La richiesta può avvenire solo in presenza di fondati sospetti. Sospetti che sono, ça va sans dire, da motivare e circostanziare caso per caso. E qui inizialmente qualcuno ha toppato. Poiché di Sollecito, vista la mediatizzazione del caso – che ha raggiunto anche le nostre latitudini – qualcuno si sarebbe dovuto accorgere prima del rilascio del permesso (non dopo).

Un caso rivelatore

Il caso Sollecito è stato, comunque, molto utile. Perché ha dimostrato fino a che punto abbiamo svenduto la nostra sicurezza interna per correre ad aderire a trattati internazionali farlocchi, accettati per non scontentare gli eurobalivi e fatti digerire alla maggioranza popolare (d’Oltregottardo) con la solita vecchia manfrina dell’inevitabilità. Del “non si può fare altrimenti”. Che è poi lo stesso pretesto con cui la ministra del 5% Widmer Schlumpf ha tentato di far digerire la lex USA.
La realtà, e il caso Sollecito ce l’ha sbattuto sotto il naso, è che in regime Schengen si possono allegramente domiciliare in Svizzera persone inquisite o condannate per reati gravissimi (Sollecito e Amanda Knox non sono accusati di aver rubato le ciliegie al mercato); quindi anche persone pericolose.
Sollecito è italiano. Il suo caso ha avuto ampia risonanza anche sui nostri media. Per questo è stato pizzicato. Ma quanti casi di cronaca nera, ad esempio in nuovi stati membri UE, si consumano senza che alle nostre latitudini se ne sappia niente? Se Sollecito non fosse stato “persona nota” nell’area italofona, oggi risiederebbe ancora felicemente a Lugano.

Quanti altri “casi Sollecito” ci sono in Ticino e in Svizzera? Quanti stranieri pericolosi vivono da noi grazie alla cancellazione di una doverosa ed elementare possibilità di controllo imposta dai fallimentari accordi di Schengen?

E’ ovvio che le autorità elvetiche devono tornare ad avere la possibilità di chiedere preliminarmente a tutti gli aspiranti residenti l’estratto del casellario giudiziale. Niente informazioni, niente permesso. Più facile di così…  Al proposito è pendente (ed ancora inevasa) una mozione del sottoscritto al Consiglio federale.
Lorenzo Quadri