E’ riuscita, per buona pace della SSR, l’iniziativa “Sì all’abolizione del canone radiotelevisivo”. I promotori hanno raccolto 112mila firme valide, a cui vanno aggiunte 36mila sottoscrizioni supplementari di persone che non hanno diritto di voto.
Il testo dell’iniziativa prevede che la Confederazione non possa riscuotere canoni, né sovvenzionare o gestire emittenti radioTV. Se l’iniziativa dovesse essere approvata dal popolo, dunque, la SSR continuerebbe ad esistere; però dovrebbe autofinanziarsi. Non ci vuole il mago Otelma per prevedere che gli 1.3 miliardi di canone che incassa oggi, la SSR non li troverebbe di certo sugli alberi.
Il malcontento crese
Già il fatto che l’iniziativa sia riuscita, qualcosa vuol dire. I segnali di malcontento nei confronti dell’emittente di presunto servizio pubblico si moltiplicano.
E’ il caso di ricordare – anche se nell’azienda si preferisce andare avanti “come se niente fudesse”, contando sulla memoria corta degli svizzerotti – che in giugno la nuova legge sulla radioTV è passata a livello nazionale per il rotto della cuffia, mentre in Ticino è stata asfaltata. Credendo, nella propria supponenza, di potersi permettere tutto, compreso obbligare a pagare il canone più caro d’Europa anche chi non vuole o non può guardare la televisione o ascoltare la radio, la dirigenza aziendale si è voluta sottoporre al giudizio popolare, convinta che la vertenza sarebbe andata liscia come una lettera alla posta. Mal gliene è incolto, visto che è stata tritata. Un’azienda che vive per il pubblico è stata bocciata dal pubblico: grave. E questo malgrado la spudorata campagna pro SSR tirata in piedi dal governo, dai media di regime, dai manutengoli di ogni ordine e grado (a partire dagli autocertificati intellettualini rossi da tre e una cicca, che fanno parte dell’inventario degli studi radiotelevisivi).
La marchetta alle private
Anche le TV private sono state della partita. Per convincerle a salire sul carro si è usato uno stratagemma banale ma efficace: aumentare la percentuale di canone a loro destinata dal 4% al 6%. Una marchetta decisa da Berna ma finanziata dagli utenti, che non ha mancato di sortire l’effetto desiderato.
Nuova asfaltatura?
In Ticino, solo la Lega ed il Mattino si sono opposti alla modifica di legge. E la maggioranza dei ticinesi ha seguito. Ciò avrebbe dunque dovuto far nascere a Comano almeno il sospetto che forse le critiche mosse dalla Lega alla RSI sulla partigianeria dell’informazione, sulla trasformazione del servizio pubblico in propaganda antileghista, $inistrorsa, politikamente korretta e spalancatrice di frontiere, e non da ultimo sull’utilizzo del canone per finanziare giochini decerebrati, non era solo frutto del noto populismo e razzismo, ma magari aveva anche qualche fondamento reale. Nulla di tutto questo è accaduto. Come già scritto, l’unico cambiamento da giugno è stato nella modalità di gestione delle critiche. Se prima si snobbava (come dire: per ‘sti straccioni che ci pagano il canone non sprechiamo nemmeno un secondo) adesso si replica ad ogni “cip” con ipersensibilità stizzosa. Ma, adesso come in passato, l’autocritica rimane assente. L’andazzo immutato. Dagli attentati di Parigi, strumentalizzati per fare propaganduccia politikamente korretta a favore del multikulti e delle frontiere spalancate, ai dibattiti sulla candidatura Gobbi al Consiglio federale con l’ex corrispondente RSI da Berna, oggi pensionato, a dire peste e corna del candidato, della Lega e dell’Udc, esemplificando bene quale sia la linea dell’azienda, passando per le trasmissioni di Falò sui padroncini concepite apposta nel tentativo di mettere in cattiva luce i Consiglieri di Stato leghisti, lo sfacelo continua come prima. Con la prospettiva di una votazione popolare sull’iniziativa “Sì all’abolizione del canone”, con tutto quello che comporterebbe tale ipotesi per la SSR (cioè: chiudere baracca) c’è da chiedersi se questa sia una strategia intelligente. Certo, l’iniziativa non passerà a livello federale. Non c’è bisogno del Mago Otelma per prevederlo. Ma se in Ticino dovesse invece venire accettata, o comunque totalizzare una buona percentuale di voti favorevoli, con quale coraggio la corte dei miracoli di Comano (quella che, a detta del direttor Canetta, farebbe “giornalismo al di sopra delle parti”), potrà ancora mettere fuori la faccia, sia nel nostro Cantone che a Berna?
Lorenzo Quadri