Lo strumento democratico di controllo della spesa pubblica è già realtà in 18 Cantoni

 

Ennesima legnata per la partitocrazia: l’iniziativa popolare costituzionale per l’introduzione in Ticino del Referendum finanziario obbligatorio (RFO) è riuscita. Il tetto delle 10mila firme è stato ampiamente superato grazie al “rush” finale. Adesso lo si può dire pubblicamente senza tema di smentite.

I ticinesi potranno votare

I cittadini ticinesi potranno dunque votare sull’introduzione di questo strumento di controllo popolare della spesa pubblica. Il RFO prevede infatti che le spese del Cantone superiori ad un “tot” da definire vengano obbligatoriamente sottoposte al giudizio delle urne.  Un sistema già in vigore in 18 Cantoni; quindi non si tratta certo di andare a giocare all’apprendista stregone inventandosi regole che non esistono da nessun’altra parte (come sta invece facendo, ad esempio, il DECS del compagno Bertoli con il progetto “La scuola che (non) verrà”, grondante ideologia ro$$a).

E, per la serie “ma tu guarda i casi della vita”, i 18 Cantoni che dispongono del RFO hanno le finanze messe meglio di quelle ticinesi.

Costretti a più cautela

La spesa pubblica ticinese continua a crescere. Da decenni la partitocrazia si sciacqua la bocca con il “contenimento delle uscite” e con la “revisione dei compiti dello Stato”. Peccato che non si vedano né l’uno né l’altra. Se non si riesce nemmeno a risparmiare sull’osservatorio della vita politica regionale o sul centro di dialettologia…

I partiti storici sono nati, cresciuti e hanno prosperato con il clientelismo. Il che significa: favori in cambio di voti. Ed  i favori della politica sono finanziati con soldi pubblici. Certo, non si fanno solo con le grandi spese, ma anche con altri mezzi. Ad esempio posti di lavoro pubblici per galoppini, mandati agli amici degli amici, eccetera.  Tuttavia le grandi spese sono senz’altro un ingranaggio importante del meccanismo. Portarle sotto il controllo del contribuente significa ostacolare fattivamente il giochetto dello “spendi e tassa”. Per non farsi sconfessare ad ogni votazione, con il RFO la politica sarà costretta a diventare più cauta nell’uso delle risorse pubbliche. Dovrà anche cercare dei partner privati per finanziare determinati progetti. Perché le grandi strutture pagate da tutti ma a vantaggio di “pochi intimi” sono un lusso che il Ticino non si può più permettere.

Fermare il “tassa e spendi”

Le uscite dello Stato crescono e per compensare si batte  cassa presso il contribuente.  Gli espedienti messi in campo per raggiungere tale obiettivo si moltiplicano. Vedi il moltiplicatore cantonale con freno all’indebitamento: un meccanismo, promosso dalla $inistra, che serve a contenere il deficit pubblico non già riducendo le uscite ma aumentando la pressione fiscale. Vedi gli aggravi sulle stime immobiliari. Vedi gli aumenti di varie tasse e l’invenzione di nuovi balzelli. La votazione della scorsa settimana sulla tassa sul sacco non ha solo introdotto, appunto, una nuova tassa – che come tutte è destinata ad aumentare. Ha anche sdoganato un discorso altrettanto pericoloso per le tasche dei ticinesi: quello delle tasse causali.

Con slogan politikamente korrettissimi, prestazioni che erano coperte con le imposte ordinarie vengono fatte pagare ai cittadini con tasse specifiche. Naturalmente senza diminuire le imposte. Ma a cosa servono, allora, queste ultime? Solo a finanziare un’amministrazione pubblica sovradimensionata che, per giustificare la propria esistenza, poi si inventa il lavoro, generando ulteriori costi e burocrazia in un circolo vizioso?

Contropartita

Le nuove facilitazioni nel mettere le mani delle tasche della gente per coprire i buchi fatti dalla politica vanno controbilanciate da un maggior controllo popolare sulle uscite. Per questo il RFO è più necessario che mai. Il fatto che l’iniziativa per la sua introduzione sia stata osteggiata dalla partitocrazia – il PLR ad esempio è assolutamente contrario al RFO che peraltro ha già affossato in Gran consiglio nel febbraio 2015 –  e dalla stampa di regime, conferma ulteriormente la validità della proposta. Il RFO non piace in quanto ostacola certe “merende”.

La riuscita dell’iniziativa per l’introduzione del Referendum finanziario obbligatorio offre al contribuente una bella opportunità. Nell’ottica del “chi paga comanda”, i cittadini devono avere più potere decisionale anche in materia di spesa pubblica. In caso contrario, verranno munti sempre più, con sempre nuovi stratagemmi. Il RFO è, dunque, un’esigenza di legittima difesa del contribuente contro il partito trasversale del tassa e spendi.

Lorenzo Quadri