Quindi la Lega dei Ticinesi ha deciso di darci un taglio netto, e di uscire dalla CORSI, ovvero la società cooperativa per la radiotelevisione svizzera di lingua italiana.
La rottura istituzionale tra il primo partito del Cantone e la RSI è dunque consumata. Per la Lega non aveva ormai più senso rimanere in CORSI. Restare per cosa? Per fare la foglia di fico?

Cambiare dall’interno?
Non si può certo dire che la Lega non ci abbia provato a cambiare l’azienda dall’interno. Ancora una volta, però, la storiella del “partecipare per cambiare dall’interno” si dimostra per quello che è: una ciofeca. Del resto c’è anche chi dice che la Svizzera dovrebbe entrare nell’UE per cambiarla dall’interno. Campa cavallo.
I vertici RSI-CORSI, come pure i partiti $torici, non si sono certo dimostrati furbi. Questi ultimi, bulimici di cadreghe (anche di poco conto) – bisogna fidelizzare le truppe cammellate, che diamine! – alle assemblee CORSI hanno fatto di tutto e di più per tagliare fuori l’odiata Lega. Per non riconoscerle quello che le spettava. Le spettava per il semplice fatto che una televisione pubblica, finanziata con soldi di tutti, non può semplicemente sbattere la porta in faccia a chi rappresenta il 30% dei telespettatori ticinesi. La Lega è invece sempre stata trattata come la figlia della serva. Del resto rappresenta delle posizioni che, secondo l’autoreferenziale casta RSI, vanno estirpate. Ai ticinesotti chiusi e razzisti, che votano il 9 febbraio, bisogna fare il lavaggio del cervello. Cosa ce ne frega, si dicono a Comano, se sono loro che ci mantengono versando il canone più caro d’Europa. Noi siamo superiori, e chi paga non deve mettere il becco nella nostra intangibile libertà, che consiste poi nella libertà di fare propaganda di parte a nostro piacimento.

14 giugno
Il 14 giugno avrebbe dovuto dare un segnale chiaro ai vertici aziendali. La RSI è stata sonoramente bocciata dal popolo ticinese. Qualcuno a questo punto, magari aiutato dai dati di audience sempre più desolanti, avrebbe dovuto rendersi conto che la corda stava per rompersi. Ma l’atteso “click” non è scattato. L’unica novità è stata l’improvviso manifestarsi di un’ipersensibilità stizzosa da parte della direzione, che, chiusa a riccio (ma come, non sono gli amici di $inistra a ripetere che “bisogna aprirsi”?) ha preso a ribattere piccata a qualsiasi critica, partendo però sempre dal solito assunto: abbiamo ragione noi a prescindere. Non è un passo avanti!

La falla
La RSI sa bene di essere nel mirino bernese. Gli appetiti sulla fetta consistente di canone che varca le alpi, 230 milioni ogni anno, sono noti. In più sempre più voci vorrebbero ridurre il budget globale della SSR. La situazione è dunque delicata. Ma, invece di cercare di creare consensi, a Comano si sono impegnati per alienarsene sempre di più. La Lega non ha quindi alcun motivo per rimanere nella CORSI poiché ciò equivale, ormai non ci sono più dubbi, a fare la parte dell’utile idiota. E allora se ne va. Possono a Comano dire: ecchissenefrega, anzi meglio così? Certo che no.
L’uscita degli odiati leghisti rappresenta la rottura istituzionale tra il primo partito ticinese e la radiotelevisione pubblica. E’ un fatto grave. La RSI si trova così ad affrontare i mari di una politica tempestosa con una grossa falla nello scafo. E dire che a Comano hanno avuto, nel corso degli anni, innumerevoli occasioni per evitare lo strappo. Le hanno gettate tutte al vento. E allora, chi è causa del suo mal…
Lorenzo Quadri