L’ex capo dell’Ufficio assicurazione malattia del DSS boccia le misure decise dal CdS
L’esperto: “Serve un contributo federale per alleviare a tutti il peso dei premi di cassa malati”. La Lega l’ha richiesto a Berna
I premi di cassa malati costituiscono un cruccio sempre maggioreper la popolazione. Il Consiglio di Stato nei giorni scorsi – anche attuando decisioni prese a livello federale – ha varato due provvedimenti mirati a contenere la spesa sanitaria ambulatoriale,e di conseguenza i premi. Il governo intende limitare il numero massimo di medici in alcune specializzazioni e diminuire la tariffa per le prestazioni mediche in ambito ambulatoriale.
Bruno Cereghetti, già capo dell’Ufficio assicurazione malattia del DSS, ha una posizione estremamente critica (eufemismo) su misure di questo genere, che definisce “dirompenti per la qualità delle cure e prefiguranti l’annientamento del sistema LAMal così come lo conosciamo ora. Del resto, a mio parere il modello attuale è finito già all’annuncio dell’aumento dei premi di cassa malati per il 2023”.
Quali i motivi di un giudizio così categorico?
Vengono prese misure mirate al contenimento dei costi sanitari in modo acritico, senza alcuna direttrice che le coordini. In primis ilMinistro dell’Interno Berset sembra non pensare alle loro conseguenze sulla popolazione. Si limita a scopiazzare quanto fatto dalla Germania, il cui sistema sanitario è però chiaramente a due velocità, con una medicina “per ricchi” e una “per poveri”.
Perché ritiene che la qualità delle cure sia in pericolo?
Pensiamo ad esempio alla raccomandazione di Berset di non aumentare le tariffe ospedaliere nel settore stazionario, per non far aumentare costi e premi. Ma in un ospedale l’80/85% dei costi è determinato dal personale. Di conseguenza, se non aumentano le tariffe, gli ospedali risparmieranno sui collaboratori e sulla qualità. Altro esempio: in Ticino il punto ambulatoriale EOC è di0,83, il più basso della Svizzera. L’Ente ospedaliero ha chiesto di poterlo aumentare, il Consiglio di Stato ha rifiutato ed il Tribunale amministrativo federale ha dato ragione al governo, con una sentenza che è essenzialmente politica. Facile prevedere che l’EOC si troverà in difficoltà nel mantenere il livello qualitativo odierno.
E sul blocco delle ammissioni di nuovi medici a carico della LAMal?
Questa è una decisione del parlamento federale, che ha fissato il principio, incaricando i Cantoni dell’applicazione. In giugno il nuovo Gran Consiglio ha stabilito in sordina, forse senza nemmeno essere troppo in chiaro su quel che stava facendo, il blocco dell’ammissione di nuovi medici in Ticino a fare stato dallo scorso primo luglio, tramite decreto legislativo urgente. Le modalità di messa in pratica sono delegate al Consiglio di Stato,il quale lascerà carta bianca all’amministrazione cantonale. Quest’ultima probabilmente stabilirà che i medici che aspirano al lavorare come liberi professionisti saranno iscritti su una lista d’attesa. Poi sarà l’amministrazione cantonale a stabilire chi potrà aprire uno studio, dove potrà andare a lavorare (quindi anche la collocazione geografica) e a quale percentuale. Decide tutto lo Stato! Dal 2025 dovrà esserci addirittura un intervento degressivo, ovvero il numero dei medici dovrà diminuire. Anche qui, le modalità di messa in pratica verranno fissate dall’amministrazione cantonale. Per me è chiaro che il risultato sarà la caduta definitiva nel modello del medico della mutua. Ossia la fine della medicina liberale.
Anche i medici di famiglia sono toccati dalla moratoria.
A quanto appariva dal messaggio governativo sì. Al che avevo opposto, tra le altre cose, che intanto l’USI investe nella formazione dei medici di famiglia, che però rischiano di rimanere disoccupati, vale a dire di rimanere per anni su una lista d’attesa prima di poter accedere alla libera professione. E, intanto che aspettano, perderanno competenze. Di recente il DSS, presentando il regolamento di applicazione, ha fatto sapere che lamedicina di famiglia, per ora almeno, non è toccata dalla moratoria. Ma occorrerà sempre essere vigili. Soprattutto all’approssimarsi del 2025.
Non ci sono soluzioni che permettano di ridurre la spesa per la salute? La Svizzera ha i costi sanitari pro-capite più elevati di tutti.
Questo è dovuto essenzialmente ai livelli salariali. L’80% della spesa medica è costituita dai salari del personale. E’ pertanto normale che (ad esempio) in Germania, dove il salario minimo è di 8 euro all’ora, anche la medicina costi meno. Oggi vengono prese delle misure che hanno – o avranno – pesanti conseguenze sulla qualità della sanità “vendendole” come provvedimenti che servono solo a contenere i costi, senza altre conseguenze. Non bisogna farsi illusioni: una medicina di qualità con accesso democratico ha un prezzo elevato. Pensare di fare quello che si fa oggi ma spendendo meno, o addirittura immaginare di aumentare la qualità e nel contempo ridurre i costi, è una chimera. Il risultato del “contenimento della spesa” sarà quello di confinarela medicina di qualità alle assicurazioni complementari; quindi non più alla portata di tutti. Se è lì che si vuole arrivare, allora si deve abbandonare con una decisione politica il sistema attuale ed introdurne uno di tipo americano, dove chi ha i soldi si può curare, e chi non li ha… no.
Resta il fatto che i premi di cassa malati attuali sono sempre più insostenibili, in particolare per i ticinesi. A suo parere, che possibilità esiste per alleviare questo carico senza scivolare nella medicina a due velocità?
Intendiamoci, non dico che il sistema attuale sia intoccabile. Certamente va riformato. Ma la cosa urgente è aiutare la popolazione a sopportarne i costi, ed in questo senso la soluzione più semplice e di immediata applicazione è l’introduzione di uncontributo federale mirato a calmierare i premi per tutti, proposta che la Lega ha portato a Berna. Non sarebbe nemmeno una prima assoluta: ad inizio anni 90 sono stati emessi dei decreti federali urgenti per contenere i premi di assicurazione malattia.
Lorenzo Quadri