Pazzesco: il servizio pubblico dell’ex Gigante giallo secondo la commissione di esperti

Lettere solo in posta B e solo tre giorni alla settimana. Questa ed altre genialate sono contenute nel rapporto della Commissione di esperti sul servizio postale di base con orizzonte 2030. Al 2030 mancano 8 anni, non 80. Stiamo quindi parlando di domani.

Il documento (già reso noto tramite conferenza stampa tenuta il giorno dello scoppio della guerra in Ucraina: quando si dice il timing…) è stato presentato di recente alla commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del consiglio nazionale dalla presidenta della citata Commissione di esperti, l’ex senatora PLR Christine Egerszegi. E se qualcuno pensa che le balzane ipotesi in esso contenute siano già defunte perché la Posta ha annunciato di non condividerle, o comunque non tutte, farà meglio a scendere dal pero. A decidere è la politica, non la Posta.

Il rapporto pistona alla grande la digitalizzazione. Il che comporta lasciare indietro sempre più gente (a partire dagli anziani) oltre che nuocere all’economia del territorio.

Era motivo di vanto

E’ il colmo: per la Svizzera i servizi postali sono sempre stati un fiore all’occhiello. Andare liscio “come una lettera alla posta” è (era) un tipico modo di dire delle nostre latitudini. Ma prossimamente, così sostengono gli esperti, le lettere dovrebbero più o meno sparire dalla Posta. Si comincia proponendo la consegna solo tre volte alla settimana. Poi nel giro di qualche anno si scenderà alla consegna settimanale.

Alla Posta non sarebbe proibito fare di più. Tuttavia il surplus non sarebbe più coperto dal mandato di servizio pubblico. Quindi i costi per l’utenza aumenterebbero.

Il monopolio postale sulle lettere non ha più senso, aggiungono i “Nobel”: chiaro, secondo loro non ci saranno più nemmeno le lettere.

Gli unici al mondo…

Perché uscirsene con simili fonchiate? Perché le email prendono sempre più piede. E quindi, visto che gli invii postali diminuiscono, si pensa bene di accelerare ancora di più la spirale discendente togliendo ogni attrattiva agli invii cartacei.

Inoltre: come la mettiamo con la consegna delle raccomandate, specialmente in relazione a procedure legali? Si rischiano di perdere dei termini di ricorso, di disdetta (pensiamo al diritto di locazione) o altro, perché la posta viene consegnata solo a giorni alterni?

Se simili indicazioni bislacche venissero seguite, la Svizzera sarebbe verosimilmente l’unico paese al mondo dove la consegna quotidiana della corrispondenza non è più una realtà (rispettivamente un obiettivo). La Svizzera, non il Burundi. Altro che bullarsi dei nostri servizi postali. Una situazione che si commenta da sé.

Foraggiano il commercio online

Per contro, dopo aver rottamato le lettere, i cosiddetti esperti puntano a pompare la consegna dei pacchi. Essa deve avvenire sei giorni alla settimana ed in tempi più celeri di quelli attuali. Perché tutta questa attenzione per i pacchi? Elementare, Watson: per via degli acquisti online, che evidentemente gli esperti intendono pistonare ritenendoli un’evoluzione positiva. Ma il commercio online, proprio come il telelavoro, danneggia l’economia locale. In particolare quella dei centri urbani. Se i cittadini restano “chiusi in casa come sorci” (cit. Burioni), lavorano in camera davanti ad uno schermo e sempre davanti allo stesso schermo fanno la spesa su internet, poi non ci si lamenti se i centri si svuotano e si desertificano; se negozi ed esercizi pubblici chiudono i battenti (con conseguente perdita di posti di lavoro e di indotti fiscali) mentre prosperano shop virtuali che hanno base chissà dove. E’ anche un discorso di società. E la Posta, ovvero un’ex regia federale, dovrebbe facilitare questi “trend”?

Altro che sussidiare i giornali!

Decisamente grottesca la posizione dei presunti esperti a proposito della consegna quotidiana dei giornali: a partire dal 2030, non sarà più necessaria. Per quella data, a mente loro, i giornali cartacei saranno infatti praticamente estinti. Tutta l’informazione sarà spostata online.

C’è davvero da restarci di guano. Ma come: la partitocrazia voleva sussidiare la stampa di regime con 150 milioni di franchetti all’anno di proprietà del contribuente (votazione del 13 febbraio scorso), e la maggioranza degli aiuti era destinata proprio ai media cartacei, per una durata presunta di 7 anni: quindi fino al 2029. Adesso arrivano i grandi scienziati in materia di servizio pubblico postale a dire che dal 2030 il fu Gigante Giallo non distribuirà più i giornali cartacei tutti i giorni. Ah, ecco!

Per fortuna, allora, che il popolo ha asfaltato i sussidi alla stampa di regime: altrimenti entro il 2029 il contribuente avrebbe speso un miliardo per foraggiare i quotidiani “mainstream”, e l’anno successivo la Posta avrebbe smesso di portarli al domicilio. Quando si dice la logica!

Digitalizzare ad oltranza?

Altrettanto deleteria l’insistenza con cui si vorrebbe, in ogni ambito d’attività della Posta, promuovere la digitalizzazione selvaggia con le sue conseguenze negative per l’economia e l’occupazione sul territorio (cittadini digitalizzati “chiusi in casa come sorci”: vedi sopra).

Senza dimenticare che la digitalizzazione taglia fuori chi non ha dimestichezza con computer e telefonini. In particolare la popolazione anziana. E questo già a breve termine (2030)!

E’ tollerabile che gli anziani vengano sistematicamente emarginati tramite ricorso alle nuove tecnologie? E che a farlo ci si metta non solo il settore privato pro-saccoccia bramoso di massimizzare gli utili, ma anche le aziende della Confederella? I divieti di discriminazione, che tanto piacciono alla casta ed ai moralisti a senso unico, valgono solo per stranieri e gay?

Un servizio pubblico di base dovrebbe, per definizione, raggiungere tutti. Altrimenti non è né pubblico, né di base. Ed invece, secondo l’illuminato parere degli esperti in materia di Posta, il servizio pubblico “del futuro” non dovrebbe essere inclusivo, bensì esclusivo. Selettivo. Solo per alcuni. Andiamo bene!

Lorenzo Quadri