Abusi su donne: la stampa di regime dimostra, ancora una volta, la propria doppia morale
Ha fatto ovviamente scalpore la notizia del fermo di Mons. Azzolino Chiappini, personaggio di primo piano della Curia come pure della facoltà di teologia.
Le ipotesi di reato sono note: sequestro di persona, coazione e lesioni semplici per omissione. La vittima sarebbe stata segregata per anni nell’appartamento del prelato al Borgetto. La donna, cittadina finlandese, avrebbe vissuto per 12 anni in Ticino senza permesso.
Anche in questo caso, occorre ricordare che la presunzione d’innocenza vale per tutti, compreso Mons. Chiappini, e non a geometria variabile. Quello che è o non è accaduto nell’appartamento a due passi dalla Cattedrale, lo dovranno appurare gli inquirenti.
Sta di fatto che all’arresto è seguita la scarcerazione-lampo. E a questo punto, delle due l’una: o era eccessivo l’arresto, o è stata prematura la scarcerazione.
Nella stringata comunicazione ufficiale del Ministero pubblico si legge poi una curiosa postilla: “non sono coinvolti dei minori”. Quasi che, essendo l’imputato un ecclesiastico cristiano, il coinvolgimento di minori debba essere la regola, ed il non coinvolgimento la “virtuosa eccezione” da sottolineare. Avvilente.
E’ ovvio: la vicenda che ruota attorno ad una figura di spicco della Curia non giova alla Chiesa cattolica, che già non se la passa granché bene. Le cifre dell’emorragia di fedeli sono impietose: 31mila in meno nel 2019, 25 mila in meno nel 2018, secondo i dati raccolti dall’Istituto svizzero di sociologia pastorale e pubblicati di recente.
Due pesi e due misure
Se i fatti non sono ancora acclarati, una cosa è invece chiarissima: la disparità del trattamento che la stampa di regime ha riservato al prelato rispetto ad altri casi di abusi su donne.
Del funzionario-abusatore del DSS Marco Baudino, esponente di spicco del Partito $ocialista, la stampa di regime pretendeva addirittura di mantenere segreta l’identità. Per giustificare l’ingiustificabile, sciorinava il trito ritornello della “tutela delle vittime”, che suona bene in tutte le salse. Certo, come no. Ce la beviamo di sicuro!
La realtà è semmai che il nome di Baudino non “poteva” essere scritto, né pronunciato, non già per tutelare le vittime, ma per tutelare il partito $ocialista, sedicente “difensore delle donne”!
Ed è sempre a seguito dell’appartenenza partitica dell’abusatore Baudino nonché dei suoi superiori sospettati di averlo coperto – tutti esponenti $ocialisti – che il P$, assieme al fido scudiero PLR ormai ridotto a ruota di scorta della $inistra, in Gran Consiglio ha ottenuto la rottamazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli abusi “in salsa ro$$a”. Con tanto di deputate liblab che esultavano per lo strepitoso (?) successo ottenuto (una di loro, come ben sappiamo, è l’ex aspirante presidenta del partito).
Su Baudino, dunque, censura ad oltranza. Per Mons Chiappini, invece, il metodo è stato, fin da subito, quello dello “sbatti il mostro in prima pagina”. Con tanto di foto, nome e cognome. Quante foto di Baudino sono state pubblicate dalla stampa di regime?
AbusaRSI
A voler ampliare il discorso, si potrebbe poi tracciare un parallelismo anche con le 30 segnalazioni per mobbing e molestie sessuali che sarebbero avvenute alla RSI, dopo che lo scandalo aveva già travolto la RTS: anche a questa vicenda si cerca, chissà come mai, di dare il minor risalto che la decenza giornalaia consente.
L’informazione di $inistra, poi, davanti alle stragi di Vienna e di Parigi ad opera di terroristi islamici, si è arrampicata indecorosamente sui vetri per censurare lo scomodo aggettivo: “islamico”. Eh già: dire che un terrorista islamico è islamico potrebbe nuocere al fallimentare pensiero unico spalancatore di frontiere e multikulti, e portare acqua al mulino degli odiati sovranisti! Potrebbe gettare una luce negativa su persone in arrivo da “altre culture” incompatibili con la nostra! Sicché, avanti con la vigliacca opera di rimozione! Invece, al sacerdote cattolico si riserva un trattamento ben diverso.
Mungere sussidi
Anche in questa vicenda, dunque, la morale a senso unico e l’ipocrisia dell’informazione “mainstream”, ed in particolare di quella di sedicente servizio pubblico, sono emerse in modo plateale.
Però la stampa di regime tenta pervicacemente di attaccarsi alla mammella statale per succhiare ulteriori sussidi – vedi il famoso pacchetto sui media al vaglio delle Camere federali – affermando (fa tutto da sola) di essere “indispensabile alla pluralità”.
E’ il colmo. I galoppini del pensiero unico, pur di mungere soldi pubblici, tentano addirittura di spacciarsi per paladini della pluralità, quando ne sono i necrofori (=becchini). Come recita il noto slogan: “Non siamo mica scemi”!
Lorenzo Quadri