Bisogna promuovere l’eccellenza ed orientarsi al mercato del lavoro. E farla finita con il mito del lavoro d’ufficio e del liceo ad ogni costo
In un contesto professionale sempre più difficile, la formazione dei giovani riveste un ruolo fondamentale. Se in passato, in tempi di pressoché “piena occupazione” e senza la devastante libera circolazione delle persone, ci si poteva ancora permettere ragionamenti del tipo “studia quello che più ti piace che tanto un qualche lavoro lo troverai” oggi la situazione è drasticamente precipitata. I dati parlano chiaro: sempre più giovani sono in disoccupazione e/o in assistenza.
A Lugano – e di sicuro non si tratta di un unicum, bensì di un trend cantonale – il numero delle persone in assistenza è cresciuto in maniera preoccupante, e continua a crescere. Se a fine 2008 i casi aperti navigavano attorno ai 750, adesso siamo vicini ai 1200. Avanti di questo passo e a fine anno si rischia di non essere lontani da 1400. Praticamente il doppio rispetto a quattro anni fa! Un risultato negativo cui anche i tagli federali effettuati all’assicurazione contro la disoccupazione hanno contribuito.
Tra i giovani, non c’è bisogno di essere dei dottori in sociologia per saperlo, il principale motivo di entrata in disoccupazione prima ed in assistenza poi, è la mancanza di una formazione, o – e qui sta il punto cruciale – la mancanza di una formazione spendibile sul mercato del lavoro. Perché ci sono dei percorsi mitizzati, che un tempo andavano per la maggiore, che oggi conducono a vicoli ciechi. L’apprendistato di commercio, ad esempio. Con il pesante ridimensionamento cui andrà incontro la piazza finanziaria ticinese a seguito dello smantellamento del segreto bancario operato dal Consiglio federale, smantellamento che provocherà in Ticino la perdita di almeno 5000 posti di lavoro, e con l’arrivo massiccio di frontalieri per il quale possiamo ringraziare la libera circolazione delle persone, il lavoro in ufficio diventerà sempre più merce rara.
Il mito dell’impiego d’ufficio deve dunque cadere. Quello del lavoro presso le ex regie federali, che in Ticino non hanno fatto altro che smantellare, è già caduto. Altro mito che va sradicato è quello del “liceo a tutti costi”. Il Ticino è uno dei Cantoni con il più alto tasso di “liceizzazione”. E guarda caso, è anche uno dei Cantoni con il più alto tasso di disoccupazione.
Per sgonfiare tutti questi miti occorre un cambiamento di mentalità. I cambiamenti di mentalità però richiedono molto tempo. E questo tempo non l’abbiamo.
La scuola a partire da quella dell’obbligo deve puntare sulle formazioni che rispondono alle richieste del mercato e quindi permettono di lavorare. E deve anche promuovere l’eccellenza. Nel senso che è ora di finirla con la deleteria mentalità – $inistrorsa e sessantottina – del “tutti allo stesso livello”. Obiettivo che viene raggiunto con una deleteria operazione di livellamento verso il basso. Tutti uguali sì, ma nella mediocrità. Una mentalità che impregna questo Cantone a tutti i livelli ed in ogni campo. Dalla politica delle aggregazioni comunali a quella turistica passando per quella fiscale: le locomotive, quelli che potrebbero tirare il carro, vanno ostacolati perché “non bisogna creare troppe disparità”.
Un conto è la parità di opportunità. Tutt’altra cosa è la parità dei risultati: ma è in quest’ultima che, a suon di buonismi politikamente korretti, si è scivolati.
La scuola non ha altra possibilità che puntare alla promozione dell’eccellenza ed essere orientata al mercato del lavoro. Le chimere sessantottine dello “studia quello che vuoi che tanto un lavoro lo troverai” non sono più adeguate alla nostra realtà. A dare il colpo di grazia sono peraltro stati proprio i sessantottini medesimi che, internazionalisti e spalancatori di frontiere, hanno sostenuto ad oltranza la libera circolazione delle persone, la quale ha ridotto drasticamente le possibilità d’impiego per i nostri giovani. Esponendoli, di conseguenza, ad una concorrenza spietata.
Con la scuola politicamente in mano alla $inistra, un cambiamento nel senso indicato e necessario risulta però assai difficile. Infatti, in nome del consueto egualitarismo giacobino c’è addirittura chi vuole abolire i “livelli” della scuola media. Sempre all’insegna del “tutti uguali nella mediocrità”.
E il peggio non è di certo finito. Da Zurigo è infatti arrivata l’ennesima dimostrazione di insipienza $inistrorsa. La sezione $ocialista della Città sulla Limmat vuole abolire i compiti nella scuola. Perché? Perché non tutti gli allievi sono seguiti dai genitori nel loro svolgimento, per cui “si creano delle disparità.”
Avanti con pensate di questo genere, improntate all’egualitarismo bolscevico e del tutto avulse dalla realtà, l’esplosione dei giovani in disoccupazione ed in assistenza non è certo una sorpresa. E’ una logica conseguenza. Ma poco male: lavoreranno i servizi sociali. I quali, per la serie “ma tu guarda i casi della vita”, sono spesso e volentieri in mano alla $inistra.
Lorenzo Quadri