I recenti episodi di propaganda di $inistra in classe non possono passare sotto silenzio

Ha fatto parecchio discutere la verifica di geografia con cui si sono dovuti confrontare gli allievi di una scuola media del Luganese. La prima domanda della prova suonava così: “abbiamo visto in classe che gli stranieri sono importanti per la popolazione del Canton Ticino. Perché?”.Il quesito è chiaramente tendenzioso. E ancora più preoccupante è quello che ci sta dietro, ovvero quel “Abbiamo visto in classe che…”.

A questo punto, nasce spontanea la domanda seguente: cosa è stato “visto” in classe? Cosa è stato insegnato? Forse che il Ticino esiste grazie agli stranieri? Forse che “immigrazione uguale ricchezza”? Forse che “devono entrare tutti”? Questa è propaganda pro-frontiere spalancate. E cosa è stato detto, invece, sulla criminalità d’importazione? Sugli effetti deleteri della libera circolazione sul mercato del lavoro ticinese, come pure sull’ambiente (tema che dovrebbe stare molto a cuore ai politikamente e climaticamente korretti) e sulla viabilità? Forse che non è stato detto proprio un bel niente?

Il principio è forse quello che dell’immigrazione incontrollata si può soltanto parlar bene, mentre criticarla è spregevole populismo e razzismo?

Punta dell’iceberg

L’episodio di cui sopra è solo la punta dell’iceberg. Nei giorni successivi sono giunte altre segnalazioni in redazione. Ad esempio: in una scuola elementare del Locarnese, ad una classe di quinta il docente ha pensato bene di insegnare ai bambini la canzone partigiana “Bella Ciao”, però con un testo modificato, incentrato sull’ambiente. Alla propaganda di $inistra si unisce il populismo climatico? Visto che le due cose, come noto, vanno di pari passo, il dubbio è legittimo.

La gauche-caviar ro$$overde si serve infatti del populismo climatico come cavallo di Troia per accattare voti. Voti che poi servono a promuovere le politiche internazionaliste e multikulti dei kompagni: dall’adesione della Svizzera all’UE alla rottamazione della piazza finanziaria; dalle frontiere spalancate all’islamizzazione del Paese. Tutte posizioni che con la tutela dell’ambiente c’entrano come il burro con la ferrovia!

Due interrogativi

Le domande sono dunque due: con le canzoni sul clima, si vuole parlare seriamente di ecologia? Oppure l’intenzione è quella di fare del populismo climatico a buon mercato, senza uno straccio di base scientifica, sull’esempio della “Gretina” svedese che bigia la scuola e va in illustri (?) consessi a straparlare di questioni su cui ne sa quanto il Gigi di Viganello?

E se si vuole parlare di clima in modo oggettivo, perché creare una canzone utilizzando la melodia di Bella Ciao, per poi cambiarne le parole? Forse che non ci sono migliaia e migliaia di altre canzoni “politicamente neutre” da cui si sarebbe potuti partire? La risposta è scontata. Se è stata scelta Bella Ciao, è per un motivo preciso. Ma è normale che questo capiti in una scuola elementare?

Chissà quanti altri episodi…

I due fatti – verifica di geografia e “Bella Ciao” – sono venuti alla luce perché alcuni genitori hanno scelto di non subire passivamente l’indottrinamento dei propri figli. Un terzo “caso” è quello della lettera sottoscritta nei mesi scorsi da svariati docenti di liceo ticinesi, in cui si incoraggiano gli scioperi studenteschi per il clima, con addirittura l’auspicio di rendere il populismo climatico oggetto di studio, ovvero di indottrinamento.

Ma chissà quanti altri episodi più o meno velati di propaganda politica ro$$overde in classe avvengono tutti i giorni nella scuola ticinese, senza che l’opinione pubblica ne sappia alcunché. Per contro, ci fosse anche solo il vago sospetto che un docente approfitta delle lezioni per fare politica “sovranista” in classe, scoppierebbe uno scandalo di proporzioni epiche.

La scuola che verrà

La scuola ro$$a del kompagno Bertoli, come sappiamo, è stata asfaltata in votazione popolare lo scorso autunno. Ma sarebbe tragico se il dibattito che ha preceduto quell’appuntamento con le urne si fosse esaurito con la votazione. In particolare, la rivendicazione della società civile di poter dire la sua sulla scuola ticinese, che non può né deve rimanere ostaggio di una sola parte politica: la gauche-caviar appunto che, in tutte le recenti votazioni popolari sulla scuola (vedi la civica, vedi appunto la scuola che verrà), è stata asfaltata.

Se però, dopo le scoppole nelle urne, poi nel concreto tutto va avanti come prima, c’è qualcosa che non funziona. Il giorno stesso dell’affossamento della “Scuola che NON verrà” in votazione popolare, il direttore del DECS ha dichiarato urbis et orbis l’intenzione di far rientrare il suo progetto dalla finestra, con la tattica del salame (una fetta alla volta). Se si pensa di lasciar fare, allora serve a tanto vincere le votazioni popolari!

Lorenzo Quadri