Legnata epica per il compagno Bertoli ed i suoi burocrati PS; viltà dell’ex partitone

Il seggio $ocialista in governicchio sempre più a rischio, mentre il PLR del “Buongoverno” si affretta a scendere dal carro perdente e scarica tutte le colpe sul direttore del DECS – ancora una volta un comitato referendario di quattro gatti trionfa contro l’establishment

“La scuola che NON verrà”: è quella del compagno Bertoli. I cittadini ticinesi domenica si sono espressi in modo molto chiaro. Quasi il 57% ha bocciato la “scuola rossa”. Questo malgrado la martellante propaganda di regime; malgrado l’establishment schierato, con stampa di servizio scodinzolante  al seguito; malgrado la mobilitazione di galoppini e truppe cammellate; malgrado il clima alla “No Billag” creato dal fronte del Sì; malgrado il capodipartimento abbia infesciato le pagine dei quotidiani con le sue spocchiose prese di posizione, repliche e dupliche (il trattamento riservato ai referendisti è stato ben diverso); malgrado i soldatini rossi fossero come di consueto attivi nella denigrazione degli avversari nel solito stile “partito dell’odio”; malgrado la plateale disparità delle forze in campo: da un lato tutto l’apparato, dall’altro un comitato referendario di quatto gatti con l’appoggio del Mattino; malgrado tutto quanto sopra, la riforma Bertoli ha fatto la fine del Titanic.

Esattamente un anno fa, il popolo aveva già asfaltato capodipartimento e casta sull’insegnamento della civica. Lo scenario si è ripetuto la scorsa domenica, e su un tema di portata ben più ampia. Il monopolio ro$$o sulla scuola traballa. Ciò che rende, per i kompagni, doppiamente pesante la sconfitta. Non hanno perso “solo” una riforma.

Le arrampicate sui vetri

Domenica il popolo ticinese ha detto chiaramente NO al livellamento verso il basso delle competenze degli allievi ticinesi, NO ad una scuola non svizzera, NO a modelli stranieri già falliti nei paesi di riferimento, NO ad un costosissimo piano occupazionale per docenti frontalieri, NO all’ugualitarismo spinto, irrealistico ed ideologico, NO ad una sperimentazione che non sarebbe stata affatto tale bensì l’inizio della riforma.

Naturalmente chi ha perso – a partire dal Consigliere di Stato P$ e ancora di più dalla sua claque – si è subito lanciato nel “free climbing” sui vetri: la partecipazione al voto era bassa! Gli slogan dei contrari hanno fatto più presa! Qui siamo oltre il limite del ridicolo. Ben oltre. La riforma Bertoli aveva dietro di sé tutta la casta schierata, e alla massima potenza di fuoco; compresi ovviamente i media di regime. E la macchina da guerra sarebbe stata rottamata dagli “slogan” (?) degli avversari? Eh già: secondo l’establishment, gli odiati “populisti” non hanno mai degli argomenti. Hanno sempre e solo degli slogan. Che però, per qualche misterioso, funzionano ogni volta. Quindi, sempre secondo l’establishment, i cittadini sarebbero dei poveri minchioni che regolarmente si fanno irretire da slogan ad effetto. Questa è la considerazione che la casta ha del popolo sovrano: complimenti!

Piccolo problema: il livellamento verso il basso non era uno slogan, bensì la realtà; il fatto che la defunta riforma fosse “non svizzera” – nel senso che era contraria a quel che accade in tutto il resto della Svizzera –  non era uno slogan, bensì realtà; che la riforma fosse impregnata di ideologia rossa non era uno slogan, bensì realtà. Eccetera. Quindi, altro che frasi ad effetto più o meno efficaci: il problema,  molto semplicemente, è che la riforma era una ciofeca. Per questo è stata respinta.

No alle tattiche del salame

Dire No a questa riforma, sbagliata ed ideologica, non significa respingere qualsiasi riforma. Dichiarare che dopo il voto di oggi la scuola ticinese è destinata a rimanere così com’è oggi nei secoli dei secoli, suona come una ripicca all’indirizzo del popolazzo che ha osato votare “sbagliato”. Della serie: o votate come dico io, oppure siete delle capre, e quindi… cavoli vostri! Questa volta non è sentito che “il popolo non ha capito” e che “bisogna rifare la votazione”; però ci si è andati vicini.

Ovviamente le nuove proposte di riforma scolastica dovranno tenere conto del voto di domenica. Quindi, se per caso il capodipartimento ed i suoi burocrati hanno in mente di far rientrare dalla finestra, magari con la tattica del salame (una fetta alla volta), quello che è uscito dalla porta, faranno bene a levarselo subito dalla testa. Chiaro il messaggio?

Triciclo: chi rappresenta?

Davanti al voto di una settimana fa, il triciclo PLR-PPD-P$ dovrebbe per l’ennesima volta chiedersi chi rappresenta. Non è solo la posizione del P$ ad essere scomoda (eufemismo). Lo è anche quella di PLR e PPD. Che prima hanno detto no alla scuola ro$$a. Poi si sono fatti infinocchiare e, in cambio delle briciole, sono saltati sul carro del capodipartimento. E, domenica scorsa, l’ex partitone ha toccato il fondo: dopo aver rimediato l’ennesima asfaltatura nelle urne, ha tentato maldestramente di scendere dal carro perdente con un logorroico comunicato, in cui scarica tutta la colpa del flop sul capodipartimento ed impallina quella riforma che sosteneva fino a poche ore prima. Come scriverebbe il bollettino parrocchiale “Opinione liberale” (più redattori che lettori): questo sì che è “un segnale preoccupante”! Qualche problema di schizofrenia tra i vertici PLR? Oppure semplice pusillanimità?

Senza contare che viene a cadere un altro dei mantra della partitocrazia: ossia che l’odiata Lega (populista e razzista) si preoccuperebbe solo di immigrazione. Invece non è così, dal momento che la Lega si occupa anche di scuola, di fiscalità, di socialità e di molti altri temi.

Morale

Se l’establishment viene regolarmente asfaltato mentre gli spregevoli “populisti” risultano sempre più spesso vincenti alle urne, un qualche motivo ci dovrà pur essere.

Questo vale, tra l’altro, anche per il Sì al divieto di Burqa plebiscitato domenica nel Canton San Gallo, la cui popolazione ha deciso di seguire l’esempio ticinese.

Lorenzo Quadri