La “campagna acquisti” di Varese è chiaramente rivolta anche ai frontalieri svizzeri

Nei giorni scorsi la città di Varese ha lanciato la campagna “Lavoro in Svizzera ma abito a Varese”. Obiettivo: proporsi come luogo ideale di residenza per frontalieri, vantando i pregi della città ed i rapidi collegamenti con il Ticino. Probabilmente l’iniziativa nasce sull’onda delle votazioni nel parlamento italico sugli accordi sulla fiscalità dei frontalieri. Ed è un’ulteriore dimostrazione che gli svizzerotti si sono fatti infinocchiare, accontentandosi delle briciole. Anche con il nuovo regime fiscale – che comunque si applicherà solo a coloro che staccheranno il permesso G dopo l’entrata in vigore dell’accordo, prevista ad inizio anno prossimo – fare il frontaliere rimarrà estremamente interessante. Certo, ci sarà sempre l’handicap della trasferta giornaliera: ma i politicanti del Triciclo vogliono mitigarlo autorizzando il telelavoro dei permessi G. Ennesimo regalo ai frontalieri (e a quanti li assumono pro saccoccia) ed ennesima mazzata al mercato del lavoro locale! Ricordarsene il 2 aprile!

Frontalieri futuri

La “caccia al frontaliere” lanciata da Varese provocherà di certo qualche mal di pancia agli amministratori dei Comuni vicini. Ma piace poco anche a noi. L’evidente retropensiero è che in Ticino si continueranno ad assumere frontalieri a tutto spiano (a scapito dei ticinesi). Le statistiche confermano: ormai i frontalieri sono 80mila, una cifra manifestamente insostenibile. Però la partitocrazia insiste: nessuna limitazione! Nessuna preferenza indigena! Libera circolazione über Alles!

La campagna di Varese parla, evidentemente, anche a chi frontaliere non è. Ma magari ambisce a diventarlo. Per questo “target” il messaggio è: “venite a stare da noi, poi potrete fare i frontalieri: tanto in Ticino, anche con il nuovo regime fiscale, si continuerà ad assumerne a scapito dei lavoratori locali”.

Rivolto anche a noi

L’invito a lavorare in Ticino vivendo a Varese può benissimo essere rivolto anche ai ticinesi.

Alle nostre latitudini, gli indigeni che si trasferiscono al di là della ramina per fare i frontalieri svizzeri rappresentano un fenomeno circoscritto. Per ora. Altrove non è così: vedi l’area di Ginevra. Fenomeno circoscritto ma in netta crescita. L’Ufficio federale di statistica ha nei mesi scorsi pubblicato uno studio sul tema. Ne abbiamo riferito in dicembre sul Mattino. I dati arrivano solo fino al 2019. Ma l’andazzo è chiaro: i residenti in questo Cantone convertitisi in frontalieri sono passati dagli 800 nel 2013 ai 1200 del 2019.

Poco ma sicuro che, in tempi più recenti, c’è stata un’impennata: il drastico peggioramento nel potere d’acquisto dei ticinesi è arrivato dopo il 2019, tra stramaledetto virus cinese, esplosione dei premi di cassa malati ed i rincari energetici generati sì dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni boomerang contro Mosca, ma anche dalle ideologie “green”.

E’ chiaro che, con paghe sempre più italianizzate causa invasione da sud ma costi della vita svizzeri, vivere in Ticino diventerà viepiù un lusso per pochi. Avanti di questo passo, se lo potrà permettere solo chi guadagna bene. Oppure chi è a carico dello Stato.

Il problema è sempre il solito

Sempre più ticinesi emigrano in Svizzera interna per trovare un lavoro. Mentre chi il lavoro ce l’ha, sarà tentato dalle sirene d’oltreramina: lì potrà condurre una vita agiata con uno stipendio che qui costringe a tirare la cinghia. Potrà anche realizzare il sogno della casetta di proprietà, in Ticino ormai inarrivabile. Niente di strano, quindi, che un numero crescente di lavoratori ticinesi scelga di andare a vivere in Italia per ragioni di convenienza economica (non certo perché lì sia più bello).

Tra emigrazione verso nord e verso sud, questo sfigatissimo Cantone è destinato a svuotarsi. Se la partitocrazia non si deciderà a finalmente tirar su le calzette e a prendere delle misure a tutela del nostro mercato del lavoro – ad esempio introducendo delle clausole di salvaguardia – possiamo tanto chiudere baracca e burattini. E Varese non avrà più bisogno di alcuna campagna per attirare nuovi residenti frontalieri. Italiani o svizzeri che siano.

Lorenzo Quadri