A proposito: nell’attesa, che dovrà essere breve, che si concretizzi la volontà popolare, il Consiglio di Stato intende decretare lo stop al rilascio di nuovi permessi G nel settore terziario, ben sapendo che la concessione di simili permessi è contrario a quanto deciso da addirittura il 70% dei votanti ticinesi?
All’indomani del voto del 9 febbraio, la Camera di commercio di Varese ha divulgato alcuni dati sui frontalieri, peraltro in parte già noti. Ad esempio ha fatto sapere che i frontalieri attivi in Ticino nel settore terziario sono triplicati tra il 1999 e la fine del 2012, passando da 10mila a 30mila (da allora sono ulteriormente aumentati). E che il 42,3% dei frontalieri presenti nel nostro Cantone viene dall’area di Varese (contro il 40% da Como e il 9.1% dal Verbano Cusio Ossola).
Come detto, l’informazione non è nuova alle nostre latitudini. Magari a Varese è meno nota. Tuttavia essa rende evidente i motivi che hanno fatto sì che, lo scorso fine settimana, in Ticino l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” asfaltasse.
In regime di devastante libera circolazione delle persone senza limiti arrivano proprio quei frontalieri che soppiantano i ticinesi nelle assunzioni. Quelli che servono all’economia possono essere reclutati anche con i contingenti: è sempre stato così. Ma oggi il profilo del frontaliere è sempre più simile a quello del lavoratore ticinese: quindi non colma affatto una lacuna, ma si sovrappone. E soppianta. Prova ne siano tutti quei frontalieri che lavorano negli uffici, nelle banche e nelle assicurazioni: ambiti in cui di frontaliere non ce ne dovrebbe essere nemmeno uno, visto che non c’è alcuna carenza di lavoratori residenti. Anzi, con lo sfascio della piazza finanziaria provocato dalla ministra del 5% Widmer Schlumpf, quella che va in giro con i pantaloni attorno alle caviglie, già i residenti da soli sono in sovrannumero per rapporto alle necessità di mercato.
Tutte le ragioni
Chi adesso nella vicina Penisola starnazza sull’esito della votazione del 9 febbraio, magari grazie a questa cifra divulgata dalla Camera di commercio di Varese (e non dal Mattino della domenica) si renderà conto che va bene fare il proprio verso a beneficio dell’elettorato, ma i ticinesi hanno avuto tutte le sacrosante ragioni per votare come hanno votato, visto che siamo esposti ad una vera e propria invasione da sud. E da notare che nel conteggio divulgato dalla Camera di commercio varesina si parla solo di frontalieri e non di distaccati. Senza voler andare a prendersela con la solita Lara Comi che, poveretta, proprio non ci arriva: è perfino riuscita a definire “inaccettabile” l’esito di una votazione popolare come se lei, la Lara, avesse facoltà di accettarla oppure no; ma con che coraggio altre persone, almeno normodotate, hanno ancora il coraggio di formulare la domanda retorica più scema del secolo, ossia “cosa farebbe il Ticino senza i frontalieri”? Costoro si chiedano piuttosto cosa farebbe la Lombardia senza il Ticino! E finiamola con la fregnaccia dei 60mila frontalieri che sarebbero “indispensabili” al nostro Cantone. Indispensabili una cippa. Un certo numero di frontalieri in taluni settori risponde effettivamente ad un’esigenza dell’economia, ma anche qui occorre distinguere. Se infatti per “esigenze dell’economia ticinese” si intende la domanda da parte di ditte italiane che si insediano in Ticino per beneficiare delle nostre condizioni quadro favorevoli, ma assumono solo frontalieri, non pagano tasse, generano traffico e consumano territorio, chiariamo subito che non si tratta affatto di esigenze ticinesi. E che di simili insediamenti possiamo anche fare a meno.
I frontalieri che servono all’economia del nostro Cantone potranno esserci anche in regime di contingenti: ci sono sempre stati. Diversa la musica per quelli che soppiantano i residenti e magari se la ridono anche alle spalle degli svizzerotti, che sono così fessi da permettere che vengano lasciati a casa “i loro” per far lavorare stranieri.
La pacchia del Ticino valvola di sfogo per la crisi economica lombarda è al capolinea. Oltreconfine si possono agitare quanto vogliono: questa è la situazione e loro non la possono cambiare; nemmeno piangendo in cinese. Il popolo ha deciso e in Svizzera il popolo è sovrano (concetto particolarmente difficile da capire per una Comi, ma magari se le fanno un disegno dopo un po’ ci arriva anche lei).
A proposito: nell’attesa, che dovrà essere breve, che si concretizzi la volontà popolare trionfalmente espressa domenica, il Consiglio di Stato intende decretare lo stop al rilascio di nuovi permessi G nel settore terziario, ben sapendo che il rilascio di simili permessi è contrario a quanto deciso da addirittura il 70% dei votanti ticinesi?
Lorenzo Quadri