Perfino nel Giura, che non è proprio dietro la porta di casa, si sono accorti dell’insostenibile esplosione del numero dei frontalieri in Ticino. Ormai solo i nostri partiti $torici si ostinano a negare l’evidenza, a partire dal presidente dell’ex partitone Rocco Cattaneo (“i frontalieri fanno i lavori che i ticinesi non vogliono fare”); oltre, va da sé, al domenicale antileghista redatto da frontalieri, ossia il Caffè della Peppina, per ovvie ragioni.

Martedì 10 settembre, Le Quotidien Jurassien ha dedicato una pagina al frontalierato in Ticino. Già il titolo è eloquente: “questi frontalieri che hanno trovato l’Eldorado”.

Che la situazione attuale sia del tutto insostenibile, ci  pare un dato acquisito. Del resto la Lega ed il Mattino questa situazione l’avevano prevista fin dall’inizio, ma naturalmente erano tutte balle di beceri populisti e razzisti. “Conseguenze negative della libera circolazione delle persone? Ma quando mai!”, pontificavano prima delle votazioni popolari sui deleteri Accordi bilaterali i rappresentanti dei partiti storici, del padronato e dei sindacati: “grazie alla libera circolazione delle persone – aggiungevano con bella sicurezza i sopraffini statisti – i nostri giovani potranno cogliere splendide opportunità lavorative a Milano”.

Sta di fatto che il disastro emerge con prepotenza dalle stesse cifre ufficiali. 60mila frontalieri, sono più del doppio rispetto al dato del 1998.  E non è che dal 1998 ad oggi i posti di lavoro in Ticino siano raddoppiati. 60mila frontalieri su una popolazione di 340mila abitanti costituiscono una sproporzione plateale. Oltretutto, 60mila frontalieri rappresentano oltre il 21% dei frontalieri globalmente presenti in Svizzera. Traduzione: il Ticino rappresenta il 5% della Svizzera, ma si sorbisce un quinto dei frontalieri totali. Il Giura ad esempio ne ha 6000, un decimo di quelli che abbiamo noi.

Le Quotidien Jurassien, che non risulta essere un giornale leghista, nel suo interessante servizio racconta anche le storie di un paio di frontalieri che, come ben detto nel titolo, hanno trovato in Ticino l’Eldorado. Malauguratamente, troppi di loro l’hanno trovato a spese dei ticinesi.

C’è l’architetto trentenne – per la serie: i lavori che i ticinesi non vogliono fare, vero Rocco Cattaneo? – che si dice  ben felice di accettare di lavora  in Ticino anche per un salario inferiore a quello usuale da noi (trattasi di dumping salariale, ma naturalmente erano tutte invenzioni della Lega populista e razzista). Infatti in Italia un giovane architetto guadagnerebbe mille euro al mese e, se anche avesse un lavoro, si tratterebbe comunque di contratti precari che vanno di sei mesi in sei mesi. Per cui il diretto interessato, e lo dice a chiare lettere, non si sogna di rientrare in Italia.
C’è poi la responsabile di produzione di una casa di moda che serafica dichiara: “il discorso del frontaliere che da un lato porta via il lavoro al ticinese e dall’altro è guardato con gelosia dai connazionali è reale, ma personalmente lo percepisco poco, visto che dove lavoro ci sono più frontalieri che svizzeri”. Apperò.

E il giornale giurassiano (senza particolare fantasia, ma con realismo) chiosa: “la crescita dei frontalieri in Ticino non si arresterà vista la situazione economica dell’ Italia”.
Del resto, la stessa Italia fomenta il frontalierato: molto più comodo, infatti, spingere i cittadini ad emigrare piuttosto che cercare di dar loro un lavoro in patria. Intanto fioriscono i siti e le pagine facebook con le istruzioni per l’uso per cercare lavoro in Svizzera (vale a dire in Ticino), va da sé a scapito dei residenti, visto che nel nostro Cantone non c’è, né ci può essere, lavoro per tutti.

 L’invasione dunque non è casuale, bensì organizzata. Una colonizzazione, appunto. Contro la quale o ci difendiamo, oppure, per la legge dei vasi comunicanti, ci troveremo con un tasso di disoccupazione come quello della Lombardia. Questo mentre dalla SECO ci spiegheranno con il consueto atteggiamento saccente che “dalle statistiche non emergono scompensi particolari”.
Lorenzo Quadri