Come volevasi dimostrare, eravamo ben informati. La scorsa settimana da queste colonne riferivamo dell’ultima sortita della nefanda SECO, ossia il Segretariato di Stato dell’Economia; quello del “non risulta che i frontalieri sostituiscano i ticinesi nelle assunzioni”, “non risulta che in Ticino si verifichino dei fenomeni di dumping salariale legato alla libera circolazione delle persone” e soprattutto della disgraziata equazione ”immigrazione uguale ricchezza”.
L’ennesima malefatta della SECO consiste in nuova direttiva che prevede che anche i frontalieri possano avere accesso ai servizi offerti dagli Uffici regionali di collocamento (URC) senza però ottenere le indennità di disoccupazione (ci sarebbe mancato anche questo).
Il mancato diritto alle indennità poco toglie all’indecenza della prescrizione. Che in pratica si traduce così: i collocatori ticinesi dovranno lavorare per piazzare dei frontalieri. La sola idea grida vendetta. Ci troviamo con 54mila frontalieri, in crescita esponenziale specie nel settore terziario, dove si sostituiscono ai ticinesi i quali rimangono, di conseguenza, senza lavoro. Infatti non è di certo un caso se a Lugano le persone in assistenza hanno raggiunto quota mille casi.
E lo Stato, con i soldi pubblici, dovrebbe impegnarsi, secondo le direttive della SECO, nella collocazione di frontalieri, ovviamente a scapito dei ticinesi in cerca d’impiego, dal momento che i posti di lavoro non si moltiplicano magicamente e – soprattutto – sono lungi dal bastare per tutti. A questo proposito, basta indicare un paio di cifre. Nell’anno 2011 in Ticino sono stati creati circa 3000 posti di lavoro, mentre i frontalieri sono aumentati di 5600 unità, ossia quasi del doppio. Il saldo per i residenti è, evidentemente, negativo. La citata sostituzione è una realtà.
Vista la situazione, dunque, compito dell’ente pubblico non può che essere quello di tutelare l’occupazione dei residenti. Ed invece, succede esattamente il contrario. Ecco che gli uffici di collocamento, secondo la direttiva della SECO, si vedono incaricati di creare posti di lavoro per i frontalieri. Come se non bastassero già i reiterati inviti italiani (da parte dei sindacati, della stampa, delle associazioni economiche…) ai propri concittadini ad approfittare dei vantaggi offerti dal frontalierato.
Al danno si aggiunge la beffa se si pensa che l’applicazione della direttiva SECO, come spiegava domenica scorsa da queste colonne, da noi intervistato, il capo della Sezione del lavoro del DFE Sergio Montorfani, necessiterebbe un congruo potenziamento del personale degli URC. Quindi non solo l’ente pubblico ticinese dovrebbe impiegare risorse per collocare frontalieri a scapito dei ticinesi, ma, per farlo, dovrebbe spendere ancora di più!
Tutto questo avviene, come al solito, in nome del principio della non discriminazione applicato, sempre come al solito, in modo autolesionista dalla Svizzera, mentre Oltreconfine vigono ben altri parametri: occorrerebbe prendere esempio.
La direttiva della SECO è semplicemente vergognosa, l’ennesimo pesce in faccia al Ticino in arrivo da Oltregottardo. Non applicarla è, a maggior ragione nelle circostanze occupazionali attuali, un dovere civile.