Come volevasi dimostrare, adesso che bisogna cominciare a concretizzare il voto del 9 febbraio, ecco che la mitica SECO, segretariato di Stato dell’Economia, se ne esce con l’ennesimo studio taroccato.
Non è certo un caso che il più recente rapporto sia stato pubblicato a pochi giorni di distanza dal njet UE alle proposte elvetiche di limitazione della devastante libera circolazione delle persone. Messaggio che la SECO vuole far passare: in fondo allo stato attuale si sta bene, dunque perché scontrarsi con l’UE?
Insomma, per scoraggiare gli svizzeri che vogliono tornare ad avere un minimo di controllo sull’immigrazione nel proprio paese, contro il parere degli eurofalliti, ogni sotterfugio va bene. Dalle becere accuse di razzismo alle statistiche farlocche.
Immigrazione fuori controllo
Che nel nostro paese l’immigrazione sia ormai fuori controllo lo ammette peraltro anche la SECO. La quale rileva che, nel 2013, il saldo migratorio in Svizzera ha raggiunto la cifra di 66’200 persone: la piĂą alta degli ultimi 12 anni.
Poi, però, comincia la consueta litania dei presunti effetti benefici. Naturalmente snocciolati a suon di statistiche manipolate. Al punto che il responsabile della Direzione del lavoro della SECO, l’ineffabile Boris Zürcher, arriva a pronunciare la seguente corbelleria (segnatevela): “la manodopera straniera ha completato bene il personale indigeno”.
O Zürcher, ma ci sei o ci fai? A Lugano, è la cronaca di questi giorni, ci sono nuove aziende che si insediano in centro e che assumono solo frontalieri: non che sia una novità , sia chiaro. Ma il caso Benetton/Zara è emblematico. La seconda rileva l’attività della prima, ma ai dipendenti svizzeri viene detto che si assumono solo frontalieri. E questo vorrebbe dire “completare bene il personale indigeno”?
«Commissioniamo uno studio»
Per non perdere completamente la faccia, ecco che la SECO se ne esce con una dichiarazione di alto profilo, una di quelle lungamente pensate a tavolino per impressionare il popolino: «sui problemi specifici del Ticino occorre commissionare all’USI uno studio più approfondito». Naturalmente si mettono subito le mani in avanti. Mica vorremmo che qualcuno possa credere che stiamo dando anche solo un po’ di ragione all’odiata Lega. Per cui, ecco arrivare l’aggiunta: «malgrado in Ticino l’impiego dei frontalieri sia fortemente cresciuto, l’aumento del tasso di disoccupazione è stato “moderato”». Traduzione: facciamo fare lo studio all’IRE, ma chiariamo subito che vogliamo sentirci dire che “tout va bien, Madame la marquise”.
E’ chiaro che a Berna non hanno ancora imparato la lezione: si continua a pensare che i ticinesi siano disposti a credere a statistiche taroccate invece che alla realtà quotidiana.
Misure concrete
Dal 9 febbraio dovrebbero averlo capito tutti che il mantra degli “effetti benefici della libera circolazione” non convince più nessuno. Se qualcuno pensa che, ripetendo il mantra, si fiaccherà la volontà dei ticinesi di trovare delle soluzioni, questo qualcuno ha sbagliato i conti.
Non abbiamo bisogno di studi pilotati. In Ticino abbiamo bisogno di limitazioni alla libera circolazione delle persone. Concrete e subito.
Invece di spendere soldi pubblici in indagini “belle a committente suo” per farsi dire quello che si vuole sentire, si impieghino le risorse per attuare delle misure concrete a tutela dell’occupazione dei residenti. Come fanno tutti i paesi, compresi gli Stati membri UE.
Lorenzo Quadri