Il tedesco “Der Spiegel” denuncia lo scandalo. Poco ma sicuro che anche in Svizzera…

Nelle scorse settimane, si è appreso della decisione della Segreteria di Stato della Migrazione (SEM) di rivedere lo status di circa 3200 finti rifugiati eritrei. Ciò avviene a seguito di una sentenza del Tribunale amministrativo federale (TAF) dell’agosto dello scorso anno. Il tribunale ha certificato che gli eritrei, ma guarda un po’, non corrono il rischio di subire trattamenti “disumani” in patria. Ah beh, dopo averne mangiate cinquanta fette, anche al TAF si accorgono che era polenta! E’ chiaro che i finti rifugiati eritrei, mantenuti in Svizzera, non sono perseguitati in patria, visto che tanti di loro ci ritornano per le vacanze, perché “lì è più bello”.

Non si è però  capito come mai la SEM voglia rivedere lo statuto di soli 3200 migranti economici eritrei, quando in Svizzera ce ne sono circa 9400: e tutti gli altri?

Niente accordi di riammissione

Nei giorni scorsi anche il console onorario svizzero in Eritrea, Toni Locher, ha dichiarato alla stampa d’Oltralpe che il 99% degli eritrei presenti in Svizzera sono migranti economici. Eppure, secondo la kompagna Sommaruga ed accoliti, “devono entrare tutti”, e devono pure restare. Già, perché i 3200 finti rifugiati eritrei di cui si starebbe rivedendo lo statuto, ammesso e non concesso che si giunga ad un suo ritiro, non è mica sicuro che lascerebbero la Svizzera. Questo perché l’Eritrea non ha sottoscritto alcun accordo di riammissione con la Confederella, ed accetta solo rientri su base volontaria (si può immaginare quanti siano: si contano sulle dita di una mano).  Intanto il ministro degli esteri italo-svizzero Ignazio KrankenCassis è in giro per la Svizzera a fare il prezzemolino ad ogni sorta di sagre e sfilate che non c’entrano un tubo con il suo lavoro.

I gruppi su facebook

E dalla Germania è arrivata una nuova puntata della saga dei finti rifugiati. Lo “Spiegel” Online ha infatti pubblicato un interessante approfondimento che racconta come dei migranti economici che hanno ottenuto uno statuto di rifugiato in caso di rientro (definitivo o temporaneo) al loro paese vendono i documenti d’identità rilasciati dallo Stato tedesco. Questo vuol dire che ad arrivare in Germania con questi documenti è poi un’altra persona, sotto mentite spoglie. Fantascienza? Non tanto, perché il commercio è fiorente. Come spiega lo  Spiegel, ci sono degli appositi gruppi su facebook (non a caso i finti rifugiati hanno tutti lo smartphone). E il periodico tedesco racconta anche un caso concreto, di un asilante siriano che ha deciso di rimpatriare e per fargli raggiungere la destinazione i passatori gli hanno chiesto di cedere a loro i suoi documenti.

Altri migranti invece, che sono intenzionati a rientrare in Germania, vendono i loro permessi in patria. Poi annunciano al consolato tedesco di averli persi, e ne chiedono la sostituzione.

Il colmo è che le autorità germaniche sono a conoscenza del traffico illecito: lo Spiegel cita un’analisi confidenziale della polizia federale, dove si legge che: “sui social media sono offerti in vendita soprattutto documenti d’asilo tedeschi”.

Arrivano terroristi islamici

Il pericolo di questa pratica è evidente. Non solo immigrazione illegale, ma anche molto peggio. Chi arriva in Occidente con i documenti di un’altra persona? “Solo” clandestini o anche e soprattutto terroristi? Chi gestisce i gruppi facebook dove si organizza la compravendita? Forse affiliati alla jihad? L’aspetto più inquietante è che il sistema, per quanto incredibile possa sembrare,  funziona. Come afferma allo Spiegel un alto funzionario: “Se si riesce a riprendere completamente l’identità di un’altra persona, vale a dire se si possiedono tutti i suoi documenti rilevanti, solo di rado si viene scoperti”. Allegria!

Chissà perché, c’è come il vago sospetto che non siano solo i documenti d’asilo tedeschi ad essere oggetto di mercimonio. Poco ma sicuro che lo sono anche quelli svizzeri! Vuoi vedere che i finti rifugiati accolti dalla Confederella che tornano al loro paese per le vacanze  ne approfittano anche per portare a termine operazioni di compravendita di permessi come quelle denunciate dallo Spiegel?

Da Berna, naturalmente, giunge il consueto silenzio assordante.

Lorenzo Quadri