Leggi che non portano a nulla per correre dietro alle pretese in arrivo dall’estero
La scorsa settimana il Consiglio nazionale ha approvato a maggioranza il controprogetto all’iniziativa popolare “per più trasparenza nel finanziamento della politica”.
L’iniziativa in questione, riuscita nel 2017, vorrebbe imporre (come dice il nome) più trasparenza nei finanziamenti dei candidati alle elezioni federali, come pure delle campagne per le votazioni federali.
Si tratta della classica proposta all’insegna del politikamente korretto, che cavalca le ingerenze di Stati esteri. In particolare del cosiddetto GRECO, Gruppo di Stati contro la corruzione, che accusa la Svizzera di non avere ancora introdotto una base legale per regolare il finanziamento dei partiti.
Ingerenze estere
Già tali ingerenze internazionali, sempre a senso unico e sempre interessate, sono un motivo valido per rispondere con un bel No di principio. A tutti gli organismi sovranazionali – dal GRECO, all’UE, all’ONU ed alle sue agenzie – va chiarito al di là di ogni dubbio chi fa le leggi in Svizzera. Ovvero i rappresentanti del popolo eletti nei parlamenti; rispettivamente, in caso di votazione, il popolo. La sacrosanta interruzione delle trattative sullo sconcio accordo quadro istituzionale ha, almeno per il momento, impedito ai balivi di Bruxelles di imporre al nostro paese la ripresa dinamica, ossia automatica, del diritto UE.
Guardoni
Nel concreto, l’iniziativa sulla trasparenza propone una regolamentazione astrusa ed improbabile: “Chiunque impiega più di 100 000 franchi in vista di un’elezione nell’Assemblea federale o di una votazione federale comunica alla Cancelleria federale, prima del giorno dell’elezione o della votazione, il preventivo globale, l’ammontare dei fondi propri nonché l’importo e la provenienza di ogni liberalità in denaro o in natura di valore superiore a 10 000 franchi per persona; ogni liberalità deve essere attribuibile alla persona che ne è l’autore”.
Il controprogetto modifica un po’ le cifre.
Autogol
E’ noto quale parte politica cavalca questi temi, evidentemente a fini moralisti e populisti. Si tratta della solita sinistra. Tuttavia, se si osservano i mezzi finanziari dispiegati – tanto per fare un esempio d’attualità – a sostegno della nuova legge sul CO2 o delle iniziative agricole, oppure dell’iniziativa “multinazionali responsabili”, ci si rende conto che sarebbe proprio la gauche-caviar quella maggiormente toccata dalle modifiche proposte.
Omologarsi sempre
Il Consiglio federale propone di respingere l’iniziativa senza controprogetto. Motivo: essa non tiene conto delle particolarità del sistema svizzero, “riconducibili – afferma il governo – in particolare alla democrazia diretta, al principio della collegialità e al sistema di milizia”. Come sempre a sinistra, si vuole omologare tutto a standard internazionali basati su realtà diverse dalla nostra. Si vuole introdurre la politica professionista ed i finanziamenti statali ai partiti. Le specificità elvetiche, per certa parte politica, sono fumo negli occhi.
C’è poi il tema della protezione della sfera privata che, come sempre a sinistra, viene gestita a senso unico.
Effetto pratico?
Altre questioni non vengono neppure affrontate. I $indakati sono notoriamente la principale lobby politica del paese. Come la mettiamo con i $indakalisti ro$$i che raccolgono firme per iniziative popolari e referendum lanciati dai partiti di riferimento (si sa bene quali) durante l’orario di lavoro e pagati con i soldi degli affiliati? Siamo senz’altro davanti ad un apporto che ha un valore monetario.
E che dire del fatto che i fautori della cosiddetta trasparenza sui finanziamenti sono gli stessi partiti che si sono sempre battuti contro il divieto di finanziamenti esteri alle moschee? Ah già, ma qui ci sono in ballo immigrati in arrivo “da altre culture”… sicché: contrordine compagni!
Soprattutto, l’iniziativa sulla trasparenza è un’iniziativa… trasparente. Nel senso che è declamatoria. In Ticino regole analoghe a quelle proposte sono già in vigore da qualche anno. Forse che hanno portato ad un qualsivoglia cambiamento?
La risposta è no. La legge è facile da aggirare. Candidati alle elezioni cantonali che hanno manifestamente speso centinaia di migliaia di franchi in campagna elettorale si sono prodotti nelle dichiarazioni più improbabili. Di fatto non è possibile verificare se abbiano ricevuto donazioni, di che ammontare e da chi, o se abbiano utilizzato soldi propri. La legge c’è. Ma è come se non ci fosse. O vogliamo mettere in piedi l’ennesima, mastodontica macchina burocratica di controllo?
Il nostro Paese non ha bisogno di norme declamatorie. Al contrario, è ora di sfoltire e di semplificare la nostra legislazione e la nostra burocrazia, quest’ultima sempre più simile a quella di Roma.