Dopo quasi due decenni di attesa e di pretesti, adesso non ci sono più scuse
Per il rotto della cuffia, domenica scorsa i ticinesi hanno approvato la riform(ett)a fisco-sociale. O meglio, hanno approvato la parte messa in votazione, che era quella fiscale. Senza di essa però, come è stato spiegato in mille salse, non sarebbero entrate in vigore nemmeno le misure sociali.
Che la riformetta sia stata approvata è positivo. La competitività fiscale del Ticino, a livello nazionale, è finita sotto la suola delle scarpe. Il rischio di fuga di buoni contribuenti – rispettivamente, fatto non certo meno grave: di incapacità di attrarne di nuovi – è tutto fuorché fantasia. Le conseguenze di un fuggi-fuggi sarebbero alquanto gravi per l’erario pubblico. Meno buoni contribuenti uguale meno gettito uguale tagli sociali. L’equazione è molto semplice. Con una piramide fiscale come la nostra (pochi “borsoni” ed aziende che pagano una grossa fetta del gettito) aspettare la “catastrofe” senza far nulla – e questo per i soliti motivi ideologici e per correr dietro ai populismi di $inistra (odio per i ricchi) – sarebbe stato irresponsabile.
Il turno che non arriva mai
Quello detto prima della votazione va però ribadito ora. La riform(ett)a fisco-sociale non può nemmeno essere chiamata una “riforma”. Non ne ha né l’ampiezza né le visioni. E’ una semplice “pezza”. Un correttivo mirato, necessario per evitare il peggio. Adesso tocca agli sgravi fiscali per il ceto medio e per le persone singole,che da quasi due decenni aspettano pazientemente – fin troppo pazientemente – che venga anche il loro turno. Un turno che però non arriva mai. Perché per gli sgravi per i singles e per il ceto medio non è mai il momento. Se i conti del Cantone sono in rosso, si dice che “non c’è margine”. Se i conti – come è il caso del 2017 – sono clamorosamente in nero e saltano fuori i tesoretti, si racconta che è un caso, che “il miglioramento non è strutturale” che “è frutto di fattori imponderabili”; e quindi, ancora una volta, “non c’è margine”. Ceto medio? Infinocchiato! Intanto però, per mettere le mani nelle tasche della gente, il “margine” la partitocrazia del “tassa e spendi” (o dello “spendi e poi tassa”) lo trova sempre. Vedi moltiplicatori cantonali e stime immobiliari pompate per fare cassetta.
La pazienza di quei contribuenti che si vedono falcidiare lo stipendio da tasse e cassa malati senza beneficiare di alcun sostegno statale è al lumicino. Il triciclo farà bene a rendersene conto. Perché anche questi cittadini votano.
Votazione di nicchia
Che il sì a favore della riformetta/rattoppo fisco-sociale sia stato risicato non sorprende troppo, dopo una campagna dei contrari condotta a suon di populismi di $inistra e sciorinando il mantra del “regalo agli odiati ricchi”. Sorprende forse maggiormente la scarsa affluenza alle urne: appena il 32.4%, malgrado il “vivace dibattito” pre-consultazione. Le spiegazioni possibili sono tante. Disaffezione, per non dire delusione, nei confronti della politica? Forse. Del resto, la partitocrazia del triciclo PLR-PPD-P$ ha reiteratamente preso a pesci in faccia la volontà popolare su temi fondamentali, anzi sul tema più fondamentale di tutti: libera circolazione e preferenza indigena. Il che, è ovvio, non incentiva la gente a partecipare alle votazioni. I cittadini ne hanno comprensibilmente pieni i santissimi di politicanti che, una volta ottenuta la bramata cadrega, tradiscono gli elettori (c’è da sperare che i ticinesi se ne ricorderanno alla prossime elezioni, e pure a tutte quelle a venire). Però la votazione precedente a quella di domenica scorsa, ovvero la chiamata alle urne sulla “criminale” iniziativa No Billag, ha fatto segnare una partecipazione esattamente doppia: 64.8%. E sono passati meno di due mesi. Il che lascia supporre che il difetto stia nel manico, ovvero nel tema proposto. E qui si torna a quanto scritto sopra. Al di là dell’obiezione dell’ “argomento tecnico” (ma quale argomento non lo è?) il problema è che la votazione sulla riform(ett)a fisco-sociale era “di nicchia”.Toccava da un lato ricchi ed aziende, dall’altro famiglie con bimbi piccoli. La maggioranza dei ticinesi però non rientra in nessuna delle due categorie. Rientra invece in chi è stato “dimenticato”: ceto e medio e single. Ed è qui che adesso urge intervenire. Senza più accampare scuse. Chiaro il messaggio?
Lorenzo Quadri