Rubik affossato dalla Germania
Dove non è arrivato il referendum ASNI sostenuto dalla Lega, il cui esito è peraltro ancora sub judice, arriva la Germania e più precisamente la $inistra tedesca, che ha nominato alla sua guida quel simpaticone dell’ex ministro delle finanze Peer Steinbrück, ossia la dimostrazione vivente che le teorie di Lombroso non erano poi così fuori strada.
Fatto sta che l’accordo Rubik con la Germania è saltato definitivamente. La ministra del 5% Widmer Schlumpf ha annunciato che non verrà rinegoziato. Quello con la Germania era, tra i tre accordi referendati, il più contestato di tutti: sia per i tassi di aliquota, sia perché spalancava le porte alle fishing expeditions (la differenza tra queste ultime e le domande raggruppate inserite nell’accordo in seguito all’ennesimo cedimento del Coniglio federale è solo una questione di sofismi giuridici) sia per il comportamento della Germania. La quale Germania, malgrado avesse ottenuto – come c’era da aspettarsi – di tutto e di più, continuava e continua allegramente a violare la legge e la sovranità elvetica acquistando CD con dati bancari rubati. Un simile atteggiamento avrebbe dovuto portare alla rescissione di qualsiasi trattativa con Berlino dal momento che, si può girarla e pirlarla come si vuole, ma l’obiettivo di questi accordi è quello di dare soldi alla controparte, a danno della piazza finanziaria svizzera, dei suoi posti di lavoro e delle sue entrate fiscali. E allora perché dovremmo fare regali a ci tratta a pesci in faccia? Se la Germania non è contenta degli accordi Rubik, perché vuole ancora di più, lei ci perde e noi ci guadagnamo. Non si conclude nessun accordo e si va avanti come ora.
L’affossamento di Rubik da parte tedesca, come pure alcune recenti dichiarazioni del presidente della Commissione UE Barroso, dimostra chiaramente le intenzioni della controparte europea: si vuole lo scambio automatico di informazioni. Davanti a questa richiesta bisogna apporre un inequivocabile njet.
La fine di Rubik con il partner di maggior peso non può essere considerato un fatto isolato. Deve segnare lo stop delle trattative anche con l’Italia. In via subordinata il minimo, ma proprio il minimo, è chiarire che in ogni caso con l’Italia non entrano in linea di conto aliquote superiori al 10%. Le attuali voci diffuse ad arte nella Penisola di tassi del 30% o più nuocciono pesantemente alla piazza finanziaria ticinese e devono essere categoricamente smentite; non già dalla Lega dei Ticinesi, ma dalle associazioni di categoria in primis.
Se poi si pensa che il governo italiano è in scadenza, è chiaro che nessuno continuerebbe in queste condizioni delle trattative masochistiche, che avranno pesantissime conseguenze sulla piazza finanziaria ticinese, tanto più che il governo italiano è ormai “scaduto”.
Il modello Rubik non soddisfa l’avidità di paesi a noi vicini che ci hanno dichiarato guerra economica, ma ha conseguenze deleterie sull’occupazione in Svizzera. I licenziamenti sulla piazza finanziaria svizzera, ticinese compresa, non sono una vacua minaccia per il futuro. Sono una realtà già in essere. Per cui, che si cominci finalmente a difendere il segreto bancario e la piazza finanziaria!
Lorenzo Quadri